4/5 Pensione «flessibile» / Il ricalcolo con il contributivo
Assegno in base a quanto effettivamente versato
Il ricalcolo dei trattamenti pensionistici utilizzando il metodo contributivo ufficialmente non è nelle intenzioni del governo ma non è da escludere a priori, tanto più che nelle scorse settimane se ne è parlato più volte. Inoltre le peculiarità del sistema contributivo sono state sottolineate ripetutamente dall'Inps guidata dal presidente Tito Boeri che con l'operazione “Inps a porte aperte” ha evidenziato come molti dei trattamenti in pagamento oggi subirebbero una consistente decurtazione, spesso superiore al 30%, se ricalcolati con il contributivo.
Il sistema contributivo è nato nel 1996, per effetto della riforma Dini e finora le pensioni messe in pagamento con tale sistema sono di due tipologie. La prima relativa a lavoratori contributivi puri (cioè privi di anzianità contributiva al 1995) e che hanno maturato negli anni passati il diritto a pensione. La seconda riguarda i cosiddetti optanti e, in particolar modo, le donne che hanno deciso di accedere alla pensione di anzianità rinunciando a una parte significativa del proprio assegno pur di poter lasciare prima il mondo del lavoro (si veda articolo a fianco). In questo caso la “ricostruzione” dei contributi accumulati (montante) al 31 dicembre 1995 avviene prendendo a riferimento le retribuzioni di un determinato numero di anni (massimo dieci) in funzione del sistema di calcolo applicabile (ex retributivo o misto). Pertanto, il “ricalcolo” al contributivo in questi casi non sarà mai un conteggio effettivo sulle contribuzioni versate dal lavoratore e dal datore di lavoro in costanza di attività lavorativa.
Tuttavia ciò non toglie che governo e Inps mettano a punto un sistema che consenta un effettivo ricalcolo contributivo su tutta la carriera lavorativa. Soluzione che necessita però di ricostruire le effettive retribuzioni. Nel pubblico impiego, per esempio, si incontra la difficoltà di sapere quelle che sono le retribuzioni antecedenti il 1996. Infatti per i dipendenti iscritti alla Cassa Stato, solo il datore di lavoro è a conoscenza delle retribuzioni erogate negli anni. Solo con la riforma Dini (legge 335/1995) sono state denunciate le retribuzioni e quindi sono note le relative contribuzioni. Per i dipendenti degli altri comparti (enti locali, sanità, eccetera) iscritti alla Cpdel, Cps, Cpi, Cpug sono note anche le retribuzioni antecedenti il 1996 considerato che il pagamento dei contributi avveniva tramite l'emissione dei ruoli. Il calcolo retributivo è noto che risulta più vantaggioso, poiché prende a riferimento le retribuzioni degli ultimi di carriera lavorativa che verosimilmente risultano essere maggiori di quelle di inizio carriera. Il sistema contributivo ha il pregio di tenere in considerazione le retribuzioni (e quindi le contribuzioni) effettivamente erogate, restituendo sotto forma di pensione il valore accumulato e rivalutato nel corso dell'intera vita lavorativa, tenendo conto anche dell'età posseduta dal lavoratore al momento del pensionamento. A una maggiore età anagrafica corrisponderà un importo di pensione più elevato.
Trattamento meno generoso
Per comprendere i possibili effetti di un ricalcolo in forma contributiva immaginiamo il caso di una lavoratrice, impiegata nel settore pubblico e assunta il 1° gennaio 1978. Questa signora potrebbe cessare la sua attività il 30 dicembre 2015 ricorrendo all'opzione donna, in quanto non ha i requisiti minimi per la pensione di vecchiaia e nemmeno per quella anticipata.
A fine 2015 il suo stipendio sarà di 42.850 euro e la retribuzione media pensionabile di 49.510 euro. Se avesse un diritto a pensione, potrebbe incassare un assegno annuale di 37.225 euro, mentre se le fosse applicato il calcolo interamente contributivo di cui si è parlato nelle scorse settimane, il trattamento scenderebbe a 25.150 euro, con un taglio dell'assegno pari al 32 per cento.
Il numero chiave: 32%, il taglio
Il ricalcolo determina una riduzione consistente
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