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Arriva dall'estero più di un occupato su dieci

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Politica economica

Arriva dall'estero più di un occupato su dieci

Oltre un lavoratore su dieci in Italia è straniero. Ma la crisi degli ultimi anni ha prodotto conseguenze occupazionali anche per gli immigrati. Tanto che i flussi in uscita sono cresciuti, vanno riducendosi le rimesse verso i Paesi di origine e aumenta la percentuale di imprese a conduzione di soggetti nati all'estero (soprattutto nel settore del commercio, delle costruzioni e dei servizi), strada spesso obbligata per non rimanere inattivi e potersi garantire il permesso di soggiorno. In ogni caso per gli oltre due milioni di occupati stranieri le opportunità continuano a concentrarsi in pochi settori e professioni scarsamente qualificate, con rare opportunità di mobilità verso l'alto. Se questa è la fotografia generale, il dettaglio regionale assume contorni molto differenziati.

Residenti
Secondo le ultime stime dell'Istat, a inizio 2015 gli stranieri in possesso di regolare permesso di soggiorno residenti in Italia sono poco più di 5 milioni (+151mila unità rispetto a dodici mesi prima) e sono arrivati a rappresentare l'8,3% della popolazione totale.
Tuttavia, anche se il saldo migratorio con l'estero chiude positivamente, le iscrizioni dall'estero risultano in calo dell'8,7% (255mila unità in più ma per effetto soprattutto dei ricongiungimenti familiari) mentre le cancellazioni registrano un aumento del 9,5% (a quota 48mila). Le comunità più rappresentate sono i romeni (oltre un milione), gli albanesi (496mila), i marocchini (455.000) e i cinesi (257mila).

Ad attirare il maggior numero di stranieri è la Lombardia, dove - secondo le elaborazioni della Fondazione Leone Moressa - già nel 2014 si superava abbondantemente il milione di soggetti residenti. La seguono Lazio, Emilia Romagna e Veneto (tutte al di sopra del mezzo milione). Agli ultimi posti Valle d'Aosta e Molise, con circa 10mila stranieri.

Se si considera però il rapporto con la popolazione, è l'Emilia Romagna la regione che presenta la più alta percentuale di immigrazione regolare, il 12 per cento. Al secondo posto si collocano Lombardia e Umbria (entrambe sopra all'11%), ma quote superiori al 10% appartengono anche a Lazio, Veneto e Toscana. Percentuali inferiori al 3% in Sardegna, Puglia e Basilicata.

Lavoro
Il quadro appare differenziato anche per quanto riguarda il mercato del lavoro.
Sempre secondo le stime della Fondazione Moressa elaborate su dati Istat, il tasso di disoccupazione degli stranieri residenti nel 2014 sfiora il 17% (contro il 12,4% degli italiani), mentre quello di occupazione è pari al 58,5%, circa tre punti in più rispetto a quello degli italiani (55,4%) e con divari ancora più accentuati nel Mezzogiorno dove l'indice di occupazione è storicamente inferiore alla media nazionale.

In questi anni di crisi economica, la componente straniera è stata più colpita: nel periodo 2007-2013 infatti il tasso di disoccupazione complessiva in Italia è cresciuto rapidamente, ma se tra gli italiani è peggiorato di 5,7 punti arrivando all'11,7%, tra gli stranieri ha raggiunto il 17,4% (nove punti in più).

Quanto all'inclusione lavorativa degli immigrati nei sistemi produttivi territoriali, il tasso di occupazione varia dal 65% del Lazio al 48% della Calabria mentre quello di disoccupazione (che ricordiamo è il rapporto tra i soggetti in cerca di lavoro e le forze di lavoro) va dal 5,2% del Molise al 24,7% della Liguria. Quanto alla Lombardia, la regione in testa per numero di cittadini stranieri, sia il tasso di occupazione (60,1%) sia quello di disoccupazione (14,2%) sono più soddisfacenti rispetto al dato medio nazionale.

Interessante anche il dato che fotografa quanto conta la componente straniera sul totale del mercato del lavoro di ciascuna regione. Sempre secondo le elaborazioni di Fondazione Moressa riferite al 2013, ad avere la maggior percentuale di stranieri rispetto al totale degli occupati risultano Lazio e Umbria che superano il 14%. Sul fronte opposto mentre gli stranieri disoccupati sono quasi il 16% dei disoccupati complessivi in Italia, in Liguria ed Emilia Romagna si arriva a circa un terzo.

Qualificazione
C'è un aspetto però che è comune a tutte le regioni: secondo l'indice Mipex 2015, che mette a confronto le politiche di 38 nazioni in materia di immigrazione e integrazione attraverso 114 parametri suddivisi in otto aree di interesse, è vero che l'Italia si colloca al 13° posto, ma nell'area “mercato del lavoro” sconta gravi ritardi. Numerosi sono infatti i giovani immigrati che non risultano né inseriti nel mondo del lavoro né inquadrati in un percorso di formazione (i cosiddetti Neet), ma c'è anche un problema di over education, in quanto i profili più qualificati continuano a svolgere lavori che raramente rispecchiano il loro livello di studio e preparazione.

E se gli ambiti lavorativi prevalenti risultano i settori dei servizi alla persona (nell'assistenza domestica i non italiani costituiscono il 73% degli occupati), il commercio e le costruzioni, scarsa risulta la possibilità di sviluppo professionale. L'ultimo rapporto annuale dell'Istat sul Paese evidenzia che quasi la metà dei lavoratori stranieri continua a svolgere lo stesso tipo di professione rispetto al primo impiego e un altro quarto passa addirittura in un gruppo professionale inferiore a quello iniziale.

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