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Dottorati crollati del 25% in un anno e due terzi dei posti è al…

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UNIVERSITà

Dottorati crollati del 25% in un anno e due terzi dei posti è al Centro Nord

Il riordino dei dottorati voluto e sbandierato dall'allora ministro Profumo nel 2013 ha prodotto due effetti: riduzione del 42% dei corsi attivati in due anni e taglio del 25% dei posti banditi in un solo anno. L'allarme arriva dalla quinta indagine realizzata dall'Adi, l'associazione dei dottorandi, che mette in luce anche la tendenza in aumento tra gli atenei a tassare i giovani ricercatori con la beffa in più che il livello di tassazione è addirittura più alto nelle università del Sud dove sta avvenendo una sorta di desertificazione dei dottorandi visto che il 65% dei posti banditi si concentra in 6 Regioni del Centro Nord. Ieri alla presentazione dell'indagine è intervenuta la deputato Pd Manuela Ghizzoni che ha presentato un Ddl che viene incontro ad alcune richieste dei dottori di ricerca.

Crollo dei corsi e dei posti banditi
Le forbici sul dottorato, quello che dovrebbe essere una delle punte di diamante della formazione terziaria italiana, sono un effetto combinato del Dm 45/13 e delle linee guida per l'accreditamento dell'Anvur del 2014 che hanno introdotto un vincolo minimo del 75% di copertura delle borse sul totale delle posizioni bandite (prima era il 50%). Un paletto, questo, in teoria virtuoso a cui si poteva rispondere con un aumento delle risorse per garantire più posti. Cosa che invece non è accaduta e così in due anni si è registrata una riduzione del 42% dei corsi di dottorati attivati e il numero di posti di dottorato banditi annualmente a livello nazionale è diminuito, in un solo anno, del 25%. «Un drammatico ridimensionamento» avverte l'Adi che è che «l'ultima tappa di un declino che dura da almeno 8 anni». Il numero di dottorandi ogni 1.000 abitanti, che collocava l'Italia in fondo alle graduatorie europee già nel 2012, «senza un'inversione di tendenza, da qui al 2016 subirà un ulteriore ridimensionamento, con una situazione insostenibile specialmente per gli atenei del Sud»: se nel 2014 se ne contavano 0,56 ogni mille abitanti (erano lo 0,6 nel 2012) nel 2016 con questo trend caleranno ulteriormente a 0,45.

Le sperequazioni territoriali
Secondo l'indagine Adi l'offerta di posti di dottorato è caratterizzata da una forte concentrazione e sperequazione: per il 30° ciclo (l'ultimo) 10 Università (e 8 città) garantiscono da sole il 44% dei posti. Si tratta della Sapienza (931), Politecnico di Milano (587), Alma Mater Bologna (428), Padova (407), Genova (333), Federico II di Napoli (321) Roma Tor Vergata (289), Politecnico di Torino (270), Milano (263) e Firenze (263). Una performance questa nell'offerta dottorale che i maxi atenei si sono potuti assicurare semplicemente non applicando il vincolo minimo del 75% delle borse di studio da garantire. «Troviamo infatti - spiega l'indagine - contemporaneamente quattro università (Sapienza, Politecnico di Milano, Genova e Firenze) alle posizioni apicali relativamente ai posti banditi e a quelle peggiori in quanto a copertura delle borse di studio». Unica eccezione virtuosa è Milano ai vertici in entrambe le classifiche. La sperequazione si sente ancora più forte a livello di Regioni se si prende in considerazione il fatto che in sette (una sola al Sud) coprono il 74,5% delle posizioni bandite: Piemonte (6%) Veneto (7%) Emilia Romagna (8,5%) Campania (9%) Toscana (8,5%), Lazio (18%) e Lombardia (17,5%)

La tassazione e le tutele sociali
«L'osservazione dello scenario nazionale indica una preoccupante tendenza verso una tassazione fissa e indipendente dalla capacità economica delle famiglie dei dottorandi». Questo l'altro campanello d'allarme lanciato dall'Adi che avverte: «Nel passaggio tra il XIXX e il XXX ciclo la percentuale degli atenei che operano una tassazione dei dottorandi senza borsa parametrata sull'Isee si riduce dal 60% al 53%; in altri 10 atenei la tassazione minima aumenta mentre si riduce la tassazione massima». Non è tutto gli atenei che tassano anche i dottorandi con borsa, possibilità introdotta dal Dm 45/2013, salgono da 9 a 15. In più c'è la beffa: « Il livello della tassazione media è decisamente più alto negli atenei del Sud rispetto agli atenei del Nord Italia, sia in termini assoluti sia in termini di incidenza sul reddito medio pro capite per Regione». «Dall'indagine emerge come nel Paese stia esplodendo una questione gravissima: quella di una distribuzione sempre più diseguale delle opportunità di accesso e delle condizioni di vita e di ricerca all'interno del dottorato. Si pone in modo drammatico la questione delle aree deboli e del Mezzogiorno d'Italia», spiega Antonio Bonatesta, segretario dell'Adi. Che chiede non solo di rivedere il nodo della tassazione (abolendolo), ma anche di prevedere tutele sociali ai dottorandi che «non sono certo studenti come dice il ministro Poletti, ma lavoratori in formazione a tutti gli effetti negli atenei». Da qui la richiesta a esempio di estendere la nuova indennità di disoccupazione (la Discol) prevista per gli apprendisti: «Dinanzi allo sfruttamento del lavoro dei dottorandi abbiamo due alternative - conclude Bonatesta -: reprimere, attraverso sorveglianza e burocrazia; oppure legalizzare una tale situazione trasformando la figura giuridica del dottorando, per il riconoscimento del diritto al reddito, di adeguati standard europei di remunerazione e di maggiori tutele sociali».

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