Italia

Crack da 500 milioni alla clinica «Divina Provvidenza», chiesto…

  • Abbonati
  • Accedi
procura di trani

Crack da 500 milioni alla clinica «Divina Provvidenza», chiesto arresto per il senatore Ncd Antonio Azzollini

C’è anche il senatore di Ncd Antonio Azzollini tra i dieci destinatari del provvedimento di arresto della Procura di Trani per il crack da 500 milioni della casa di cura Divina Provvidenza di Bisceglie. Azzollini, presidente della commissione Bilancio di Palazzo Madama, è stato in precedenza sindaco di Molfetta. Sulla richiesta di arresto si dovrà esprimere il Senato. I provvedimenti di arresto emessi dalla Procura di Trani sono dieci, sotto sequestro inoltre un immobile a Guidonia.

«La notizia è vera - ha commentato Azzolini interpellato da Affaritaliani.it - ma non faccio commenti sui procedimenti che mi riguardano.Sono serenissimo». Alla domanda se intenda dimettersi da parlamentare, il senatore dell’Ncd ha risposto: «La legge non lo prevede».

Tra le dieci persone arrestate per il crac della Casa Divina Provvidenza vi sono anche due suore “massime responsabili della Congregazione delle Ancelle”, che si trovano ai domiciliari. Gli altri arrestati sono un ex direttore generale, amministratori di fatto, consulenti e dipendenti dell'Ente. Gli indagati sono in tutto 25 e tra loro compaiono professionisti, ex amministratori della Cdp e politici locali, tutti coinvolti in vari episodi di dissipazione e distrazione di risorse dell'Ente.

È l’epilogo dell'inchiesta sulla bancarotta fraudolenta della Casa Divina Provvidenza di Bisceglie, l’ex ospedale psichiatrico oggi in amministrazione straordinaria ai sensi della legge Prodi bis. Le misure, eseguite dal nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Bari, sono state emesse dal gip Rossella Volpe su richiesta del procuratore aggiunto di Trani, Francesco Giannella, e dal sostituto Silvia Curione. Sono state eseguite a carico di ex responsabili e consulenti esterni (in carcere Dario Rizzi, Antonio Abitante, Rocco di Terlizzi; ai domiciliari Antonio Damascelli, Adrijana Vasiljevic, Angelo Belsito, Augusto Toscani, la madre superiora Marcella Cesa e suor Assunta Puzzello), accusati di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta. La decima misura è quella per il senatore Azzollini.

Le indagini dei finanzieri sono partite parallelamente alla richiesta di fallimento avanzata dalla stessa Procura di Trani nel giugno 2012, a fronte di debiti per 500 milioni di euro accumulati dall’ente nei confronti di vari creditori tra cui l’Inps e l’Agenzia delle Entrate. Il Don Uva di Bisceglie che gestisce anche ospedali a Foggia e Potenza è stato ammesso all'amministrazione straordinaria a fine 2013. Nell'ottobre 2013 però le autorità ecclesiastiche avevano già commissariato la congregazione delle Ancelle della Divina Provvidenza che gestiva gli ospedali e nominato alla guida monsignor Luigi Martella, vescovo di Molfetta.

Il senatore Antonio Azzollini è già indagato, assieme ad altre 47 persone, dalla Procura di Trani per una presunta truffa legata alla costruzione del nuovo porto di Molfetta, per un importo di 150mln. All’epoca dei fatti, il 2007, Azzollini era il sindaco di Molfetta, e secondo l’accusa della Procura di Trani avrebbe appaltato i lavori per la costruzione della diga foranea e del nuovo porto commerciale per 72 milioni di euro, saliti poi a 147 milioni per bonificare i fondali da migliaia di ordigni bellici inesplosi.

«La Procura della Repubblica di Trani, destinataria di numerosi esposti in merito alla scandalosa gestione dell'Ente, nell’aprile 2012 aveva chiesto il fallimento dell’Ente Religioso e da quel momento la lunga e complessa indagine, condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria di Bari della Guardia di Finanza, ha messo in luce l’innumerevole serie di reati che hanno portato al surrichiamato clamoroso crack da oltre 500 mln, di cui oltre 350 sono rappresentati da debiti nei confronti dello Stato». È quanto precisa in una nota la Procura di Trani.

L’analisi della gestione dell’Ente - proseguono gli inquirenti - prima del commissariamento ha consentito di comprendere le cause del default: una gestione totalmente svincolata dai criteri di una corretta amministrazione aziendale, in cui per decenni è mancata persino una contabilità ed organi che controllassero la rispondenza ad economicità delle operazioni gestionali; una inesauribile serie di appropriazioni, sperperi, dissipazioni, forniture fuori mercato con contratti a tutto favore dei terzi ed ad tutto danno dell’Ente; assunzioni clientelari in momenti di crisi, allorchè contemporaneamente si procedeva a consistenti riduzioni di personale per poter accedere agli ammortizzatori sociali previsti dalle norme vigenti; assunzioni di personale inutile oppure destinato a mansioni del tutto svincolate dalle professionalità richieste. Il caso più clamoroso di sottrazione di patrimonio aziendali è rappresentato dagli oltre 30 milioni e da un immobile destinato a clinica privata in Guidonia fittiziamente intestati ad altri Enti Ecclesiastici paralleli gestiti dalle suore della Congregazione, nel tentativo di sottrarli ai creditori e quindi anche allo Stato».

© Riproduzione riservata