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L’impennata delle tasse universitarie: in 10 anni +50% e in 8…

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UNIVERSITÀ

L’impennata delle tasse universitarie: in 10 anni +50% e in 8 atenei sono raddoppiate

A Lecce sono addirittura triplicate, A Varese, Trento, Verona e Bari più che raddoppiate. Ma praticamente in tutti gli atenei sono schizzate in alto, con aumenti in media del 50%, e con due sole eccezioni: Urbino e Firenze che le hanno ritoccate, anche se di poco, al ribasso. Stiamo parlando del conto sempre più salato delle tasse universitarie che dall'anno accademico 2004/2005 sono cresciute inesorabilmente: solo l'anno scorso si è registrato in media un +5% con rialzi record come quello della Sapienza di Roma (+34%) . Con costi in media che oggi si aggirano per studente a oltre mille euro e con punte fino a 2mila come a Venezia. Costi che pesano sempre di più sui bilanci delle famiglie che dal 2008 hanno dovuto scontrarsi anche con la crisi più lunga della storia recente d'Italia. Parte anche da qui il lento ma costante “addio alle università” che anno dopo anno hanno visto crollare immatricolazioni e iscritti (solo nell'ultimo anno -71mila in meno). E così oggi l'Italia si ritrova ad aver conquistato - come ha di recente certificato Eurostat - il primato in Europa di Paese con meno 30-34enni in possesso di un diploma di formazione superiore: il 23,9%, mentre l'Ue ci chiede di raggiungere il 40 per cento.

Gli ultimi aumenti
A raccogliere i dati sono stati gli studenti dell'Udu (Unione degli universitari) che hanno ottenuto il dato dividendo l'introito di tasse e contributi universitari messo a bilancio dai singoli atenei per il numero degli iscritti nel corrispondente anno accademico (diminuito del numero degli esoneri dalle tasse per lo stesso anno). E il risultato è che in 10 anni siamo passati da una tassazione media di 736,91 euro ad una di 1112,35 (+50% in anni di inflazione bassa), cifre che fotografano il punto di caduta medio tra chi è esonerato del tutto e chi in base a redditi più alti paga il massimo: «È un dato da solo utile a smontare una volta per tutte gli assunti di chi sostiene che l'università italiana sia quasi gratuita» avverte Gianluca Scuccimarra, coordinatore Udu. «La nostra indagine dimostra ancora una volta - aggiunge Scuccimarra - non solo come il nostro Paese sia stabilmente al terzo posto in Europa per l'entità dei contributi studenteschi, come certificato dall'Ocse, ma anche come questi contributi invece di diminuire siano in costante aumento». Nell'ultimo anno preso in considerazione, il 2013-2014, l'aumento medio è stato del 5%. Ma per diversi atenei l'asticella è salita molto di più: alla Sapienza l'aumento in un anno è stato del 34% e così si è passati dal pagare 842 euro a 1128 in un anno, a Lecce del 27% (da 737 a 934), a Venezia del 23% (da 1624 a 2001 euro) mentre a Macerata e Campobasso le tasse in 12 mesi sono cresciute del 20% (passando rispettivamente da 738 e 786 a 888 e 944 euro). In generale una quindicina di università hanno deciso aumenti di oltre il 10 per cento. Ma c'è anche chi l'anno scorso le tasse le ha tagliate e anche di parecchio, come Benevento (-32%), Reggio Calabria (-25%) e Viterbo (-13 per cento).

Il trend in 10 anni
A contribuire a questa corsa al rialzo è stata anche la decisione che risale al Governo Monti che ha sostanzialmente liberalizzato nel 2012 le tasse studentesche, indebolendo il vincolo che impediva agli atenei di aumentarle liberamente (le tasse non potevano superare il 20% dei fondi destinati a ogni ateneo dal ministero). Una scappatoia questa a cui sono ricorsi massicciamente le università anche perché, va detto, negli ultimi anni tutti i Governi che si sono avvicendati hanno tagliato gli stanziamenti ordinari per il loro funzionamento. E così se gli aumenti medi in 10 anni sono stati del 50%, ci sono ben otto atenei che hanno raddoppiato le tasse: in cima c'è Lecce (+189%) che ha triplicato i costi da 322 euro a 934, poi Varese (+135%) da 756 a 1777 euro, Trento (+132%) da 660 a 1535 , Verona (+124%) da 678 a 1521 euro. E ancora hanno raddoppiato le tasse anche il Politecnico di Bari (+124%) da 678 a 1521, Cagliari (+112%) da 374 a 793, Messina (+98%) da 436 a 868 e Venezia (+98%) da 1010 a 2001 euro. «È venuto il momento di operare una riforma complessiva del sistema, che riduca il peso delle tasse, soprattutto per i redditi più bassi, e introduca un criterio forte di progressività, omogeneo in tutti gli atenei», avverte ancora Scuccimarra che segnala il Ddl depositato alla Camera a firma di Manuela Ghizzoni (Pd) come «una buona base di partenza». «Crediamo - conclude il rappresentante degli studenti - che le crescenti difficoltà economiche nel mantenersi agli studi, testimoniate dai recenti dati sul calo degli iscritti, rendano non più rinviabile questo intervento».

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