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il messaggio sull’ambiente di papa francesco

Dalla bioaccumulazione alla cultura dello scarto, i contenuti dell’enciclica di Papa Francesco

Bio-accumulazione, cultura dello scarto, riscaldamento del sistema climatico, concentrazione di gas serra, abuso dei combustibili fossili, ciclo del carbonio, rinnovabili e accumuli, debito ecologico, politica dell'acqua. Qualcuno applaudirà alle incursioni sul terreno della scienza pura, che poi diventa politica quando trasforma le anamnesi in ferme raccomandazioni. Qualcuno inevitabilmente criticherà. In ogni caso nell'ultima enciclica papale c'è davvero poca retorica dogmatica e molta analisi perfino divulgativa. La terminologia è diretta, ben argomentata. Nei punti salienti, nelle frasi emblematiche, c'è un chiaro messaggio ai popoli e soprattutto ai governanti. Lungo un filo conduttore che si trasforma, passo dopo passo, in un'accusa: della natura si sta facendo un abuso ormai intollerabile per la vita stessa del pianeta e degli esseri biologici in esso contenuti. Le frasi chiave? Eccole nel loro significato fortemente scientifico, strettamente legato al dibattito, che Papa Francesco giudica evidentemente poco concludente, di cui sono piene le cronache.

Bio-accumulazione
Nel gioco di compensazione naturale tra ciò che di malevolo immettiamo nell'ambiente e ciò che gli esseri umani sono in grado bene o un male di neutralizzare o di assorbire senza soccombere, il punto di tollerabilità si è rotto. Eppure proprio la scienza mette a disposizione la possibile soluzione. La cultura dello scarto impera, ma quella del riutilizzo e del riciclo è offerta su un piatto d'argento dalle moderne tecnologie, se ben pianificate e promosse dai sistemi di governo dell'economia e dell'industria. Francesco ci spinge dunque a perseguire quel modello circolare di produzione che è teorizzato non dei visionari ma di chi cerca di trovare addirittura nuove forme di profittabilità nel ciclo industriale. Con con impegni verbalmente crescenti ma atti pratici e progressi finora molto scarsi, accusa il Santo Padre.

Riscaldamento globale
L'assedio ormai continuo di eventi meteorologici estremi non è né una maledizione trascendente né il volere del Signore. È stato minuziosamente costruito dall'uomo. Anche qui Francesco abbraccia le tesi degli scienziati puri. Cita più volte il fenomeno della concentrazione dei gas serra, conseguenza diretta di un modello di sviluppo basato sull'uso intensivo di combustibili fossili. Proprio oggi, nella stessa giornata, l'Unione petrolifera della sua assemblea annuale avverte (o forse sarebbe il caso di dire ammette) che nonostante i progressi nell'uso delle energie rinnovabili una poderosa crescita delle economie emergenti non potrà altro che sopravanzare enormemente i faticosissimi progressi nel limitare l'inquinamento che stanno in qualche modo mettendo a segno le economie avanzate. Il mondo - insistono i nostri petrolieri con l'impegno a darsi da fare per arginare il problema - continuerà comunque ad accrescere, forse esponenzialmente, sia l'emissione di inquinanti naturali sia quella di gas responsabili dell'effetto serra. A conferma che le politiche ambientali finora gestite in maniera sostanzialmente locale o comunque periferica periferica, poco possono fare per risolvere il problema. Serve qualcosa di nuovo, un patto globale. E forse qualcosa si può fare, dicono gli scienziati. Si può, ad esempio, ridiscutere criticamente sistema delle quote di emissione che vengono comprate vendute: roba da ricchi il meccanismo centrale del “protocollo di Kyoto”, che i poveri (ovvero i paesi in via di sviluppo) non hanno comprensibilmente alcuna intenzione di accettare. Magari è il momento di esplorare quella via alternativa tracciata degli analisti che fa perno sulla carbon tax, ovvero un sistema di tassazione sui flussi internazionali delle merci che assume come parametro la stima del contenuto inquinante della produzione delle merci stesse.

Rinnovabili e accumuli
Qui Francesco esibisce un tributo alla tecnologia, come a smentire chi volesse attribuire una qualche inimicizia con il progresso. Sanno bene gli esperti di energia che il futuro delle rinnovabili passa si per l'aumento di efficienza degli apparati che catturano l'energia del sole o del vento o delle biomasse. Ma passa anche forse soprattutto per un nuovo sistema che consenta di accumulare quell'energia prodotta in maniera inevitabilmente erratica e discontinua, per poterla restituire alla comunità nella maniera più razionale ed equilibrata. È un incitamento proprio alla scienza: puntare sugli accumuli, ovvero su sistemi a batteria e computer, con un impegno che non può essere solo degli scienziati ma anche dei governi.

Debito ecologico
Francesco si spinge ben oltre. Traguarda il futuro. Fa i conti con le proiezioni dei migliori analisti. Altro che impostazione teologica. Il futuro scientifico assomiglia, in grande, ai mali del nostro sistema pensionistico. Il bio-sistema viene “consumato” creando un inevitabile e micidiale debito a carico delle prossime generazioni, al di là di ogni previsione di come la scienza potrà rimediare o semplicemente combattere questi fenomeni, che in realtà non sono fenomeni ma semplici conseguenze.

Politica dell'acqua
Potrà sembrare una banalità l'accusa, anche questa fortemente scientifica, sull'aggravarsi del fenomeno della scarsità dell'acqua per le popolazioni e allo stesso tempo sul progressivo degrado della qualità di questo bene primario per colpa dell'inquinamento. Ma Francesco ne approfitta per trasformare il rimprovero scientifico in un'indicazione fortemente politica. Perché - dice a chiare lettere – “in alcuni luoghi avanza la tendenza privatizzare questa risorsa scarsa, trasformate in merce soggetta alle leggi del mercato”. Un mercato che rischia proprio qui di essere piegato in maniera abnorme al profitto con effetti indesiderati di portata assolutamente globale, planetaria, esistenziale per lo stesso avvenire del pianeta. Perché ”è prevedibile che il controllo dell'acqua da parte di grandi imprese mondiali si trasformi in una delle principali fonti di conflitto di questo secolo”. Per un paese come l'Italia, che sta addirittura scivolando sulla privatizzazione dell'acqua non come conseguenza di una scelta politica ma per palese incapacità di gestire con la mano pubblica persino questo bene primario, non è un semplice rimbrotto. È un pugno, papale e quindi ancor più duro, nello stomaco.

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