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Renzi e le nuove norme sui rimpatri

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l’analisi

Renzi e le nuove norme sui rimpatri

Vittima di una storytelling molto buonista e tutta italiana anche Matteo Renzi (come i suoi predecessori) ci ha messo un po’ di tempo per capire che essere credibili in Europa sul dossier immigrazione significava archiviare definitivamente l’approccio ideologico, quello che piace molto ai nostri partiti ma molto di meno alle istituzioni europee.

Non c’è evidenza, almeno ufficiale, di “strigliate” del premier al suo ministro dell’Interno, Angelino Alfano per sollecitare maggiore efficienza delle strutture di Polizia perché inadeguate a selezionare e soprattutto fotosegnalare i migranti appena arrivati come lamentato a gran voce da tutti i leader europei fino alle dure parole del premier inglese David Cameron alla Camera dei Comuni l'altro ieri. Ma c’è da scommettere che già prima dell’intervento di Renzi alla Camera sui rimpatri che «non devono più essere un tabù per la sinistra» precise istruzioni del presidente del Consiglio dirette al Viminale avevano solo un obiettivo: fare il massimo per avere tutte le carte in regola con Bruxelles. È inutile infatti ripetere che il Canale di Sicilia è una frontiera europea se poi in Italia non facciamo tutto quello che dobbiamo fare dopo avere strappato al mare migliaia di vite umane. Anche ieri sera, prima di entrare nella sede del Consiglio Ue, Renzi ha chiarito che «per l’Italia e gli italiani il lavoro da fare non è solo in questo palazzo ma nella gestione quotidiana a casa nostra». Solo così si può, dopo, “alzare la voce” a Bruxelles e pretendere, ad esempio, di ottenere qualcosa in più rispetto ai 24mila tra siriani ed eritrei in due anni da inserire nei programmi di “relocation” (ancora tutti da definire tra i ministri dell’Interno il mese prossimo). Renzi ha capito, ad esempio, che il problema non si risolve con un rapido blitz a Bruxelles né senza sporcarsi le mani a casa propria. Il presidente del Consiglio ha spiegato ieri mattina a Governatori e sindaci che non bisogna sottovalutare la paura degli italiani ma neppure cavalcarla come fa la Lega. L’approccio è molto simile a quello usato dall’ex ministro dell’Interno Giorgio Napolitano: accogliere chi ha diritto, rimpatriare chi non ha titolo. Il principio è che tutti dovranno essere fotosegnalati, chi non ha diritto di restare verrà rimpatriato con almeno otto charter al mese. L’Unione europea finanzierà gli Hotspot italiani e greci con 60 milioni di Euro. Saranno circa duecento i funzionari europei e di altri Paesi presenti nei nuovi centri, 44 provenienti dall’Esao (agenzia per l’asilo) e un centinaio da Frontex. Ma sul fronte interno Renzi promette di cambiare anche il Testo unico della legge sull’immigrazione riducendo i tempi dei ricorsi dei migranti (oggi possono durare anni), rendere più veloci le commissioni per l’esame dei richiedenti asilo ai quali verrà chiesto di provare le persecuzioni di cui sono vittima. Insomma l’Italia, se questi buoni propositi verranno realizzati, comincerà ad affrontare l’immigrazione per quello che è: una grande questione globale da maneggiare con cura e senza fughe demagogiche. Solo se riusciremo a dimostrare a Bruxelles che stiamo facendo il nostro lavoro potremo cominciare ad avanzare richieste. Per ora non c’è altro da fare che accontentarsi di un accordino che ha però il merito di cominciare a far vacillare il vecchio impianto dei regolamenti di Dublino.

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