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Perché le code agli sportelli bancari sono una…

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grecia e «bank run»

Perché le code agli sportelli bancari sono una “calamita” molto pericolosa

Ricordate Mary Poppins? Quando Michael Banks (nomen omen) si lamenta alzando la voce per il fatto che non gli vengano restituiti i suoi soldi, scatta il panico: decine di persone si precipitano agli sportelli per ritirare il proprio denaro, mettendo in dubbio la solidità dell’istituto di credito, i cui dirigenti sono costretti a chiudere brutalmente gli sportelli per impedire una fuga di liquidità e il fallimento.

È il fenomeno del «bank run», analizzato da studiosi di finanza comportamentale, autorità di vigilanza, regulator internazionali. Quella scena depositata nella nostra memoria torna ora prepotentemente di attualità, osservando le code ai bancomat degli istituti di credito ellenici. Ma già nell’autunno del 2011 il tema aveva suscitato l’interesse degli osseratori, nel pieno della crisi del debito sovrano italiano, quando spread e interessi sui BTp erano andati alle stelle e il rischio di insolvenza si era affacciato nei radar di allora.

Valuta e svalutazione
La corsa agli sportelli è animata dai clienti delle banche che vogliono incassare cash il loro denaro, nella prospettiva di una svalutazione dovuta a insolvenza (default) della propria economia e del proprio Stato. Se il Texas rischiasse di uscire dagli Usa per adottare una moneta svalutata (nell’ipotesi che il minor valore la renda più competitiva per le esportazioni), tutti i texani correrebbero a rifornirsi non della valuta nuova ma di quella vecchia - il dollaro - proprio perché più forte: e in questo modo contribuirebbero ad accelerare la crisi e l’uscita del proprio stato dal suo contesto economico, che finora lo ha protetto dalle difficoltà, diluendo in un contesto mutualistico le sue difficoltà.

La coda-calamita
Quello che spesso si fa fatica a capire che ciò non accade per gradi ma, come detto, in una dinamica di accelerazione: si innesca un meccanismo che porta, ad esempio, in un’ora 10 persone a ritirare denaro allo sportello. Il numero delle persone che ritirano soldi allo sportello è il doppio rispetto a quello dell’ora precedente: basta mezza giornata per far saltare la più solida banca al mondo, proprio come nel caso del film Mary Poppins. E proprio come in quel film, le autorità o la banca stessa a un certo punto condiziona il ritiro del denaro. E se salta una banca di dimensioni internazionali tutta l’economia globale è a rischio, come accaduto con Lehman Brothers nel 2008. Nelle ultime ore le autorità di Atene hanno assicurato che le banche sono solide e che lunedì riapriranno regolarmente: un’assicurazione cui non credono le persone in coda agli sportelli. Quelle code sono una calamita, anche per chi crede alle rassicurazioni del Governo: che valgono poco, se poi si scopre che i soldi in banca sono finiti.

Ragione e sentimento
Questa spirale pericolosissima scatta, come abbiamo visto, a prescindere dalla solidità di un istituto di credito. Se questo ha qualche difficoltà scatta molto più facilmente. Se, come nel caso greco, le banche sono tenute a galla da un soggetto esterno, la Bce, il loro destino è appeso a un filo. Questo si chiama panico: che sia motivato o immotivato, poco cambia, il destino è segnato. Allora, cosa fare per evitare il peggio? E’ la domanda che si è posta una studiosa italiana, Laura Bartiloro, in uno studio pubblicato da Questioni di Economia e di Finanza della Banca d'Italia (“Is your money safe? What Italians know about deposit insurance”). Le norme europee e nazionali tutelano i depositanti fino a un massimo di 100mila euro: in caso di insolvenza degli istituti di credito, i fondi di tutela dei depositi restituiscono il denaro presente nel c/c dei risparmiatori fino a quella somma. Ciò dovrebbe mettere al riparo da qualsiasi paura: qualunque cosa accade, rivendrò i miei soldi. Lo studio mette in luce la scarsa conoscenza di questo istituto, però: il 70% degli italiani nel 2011 ignorava l’esistenza del fondo di tutela, circostanza che rischia di mettere in crisi il sistema e di far saltare ugualmente il banco. Perché?

La capienza del Fondo
Una parola su come funziona il fondo: ogni istituto di credito versa al fondo una modesta percentuale sui depositi come “polizza” per il rischio default: denaro che il Fondo Interbancario di tutela dei depositi potrà utilizzare in caso di default di una o più banche. Il sistema è in grado di proteggere le crisi che le banche vivono periodicamente: tanto che i fallimenti nel sistema bancario sono rarissimi, almeno in quello italiano, e riguardano soprattutto istituti “mono-sportello” in provincia. Il problema si fa più rilevante se in crisi non c’è una sola banca ma se la crisi è sistemica: secondo alcune stime il Fondo in questione custodisce risorse per circa il 40% dell’insieme dei depositi nel sistema bancario italiano: non abbastanza per fornire una risposta ultimativa in caso di difficoltà, ma sufficiente per spingere le autorità di vigilanza a interventi in grado di compensare i problemi (in teoria spingendo banche solide e grandi ad acquisire banche più piccole e in difficoltà).

Apettative e vigilanza
È fondamentale di conseguenza, perché tutto vada bene e si riesca a frenare la corsa agli sportelli ed evitare il fallimento, disporre di due pilastri: 1) un’attenta, caustica e perspicace autorità di vigilanza capace di cogliere i più piccoli segnali per intervenire per tempo e identificare soluzioni innovative a problemi non convenzionali; 2) migliorare l’alfabetizzazione finanziaria dei risparmiatori, che li protegga giorno per giorno dagli errori più comuni che si commettono e che li guidi in percorsi di sicurezza - un po’ come la protezione civile in caso di disastro - quando le cose si mettono male. Se un emulo greco di Michael Banks dovesse chiedere indietro il proprio denaro, in sostanza, dovrebbe trovarsi di fronte non una saracinesca abbassata, dietro cui si cela un sistema di ricchi banchieri, ma un funzionario pronto a spiegargli che il suo denaro è già al sicuro. E a convincerlo.

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