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Transizione fragile e altalenante, più occupazione nel medio periodo…

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l’analisi dei dati istat

Transizione fragile e altalenante, più occupazione nel medio periodo (se restano le politiche giuste)

Ve lo ricordate? Nell’analizzare il dato di aprile (+159mila posti in un mese, e un drastico calo degli scoraggiati) abbiamo parlato di “fiducia e fragilità” della primissima ripresa occupazionale, dovuta essenzialmente a una ri-attivazione delle donne e dei giovani finora inattivi. Ebbene, la fotografia di maggio, con l’occupazione che torna a calare di 63mila posti, la disoccupazione sostanzialmente invariata, e un ritorno invece alla crescita (+36mila) degli scoraggiati, fa vedere in pieno tutte le difficoltà che sta attraversando il mercato del lavoro, fiammate mensili a parte.

Che cosa sta succedendo? Semplicemente, che la ripresa produttiva è debole, e gli effetti sull’occupazione si avranno nel lungo periodo. Certo, la semplificazione delle regole varata con il Jobs act aiuterà. Ma serve un incremento robusto, e duraturo, della domanda interna, degli ordinativi, oltre che dell'export che sta comunque reagendo meglio già da diversi mesi. Le imprese industriali sono ancora in affanno, con l’ampio ricorso alla Cig e alle riduzioni di orario di lavoro fatto negli anni scorsi per rispondere alla crisi, da riassorbire, prima di assumere nuovo personale. I servizi, e il terziario, in questa fase sono maggiormente reattivi (perché legati alla stagionalità). I forti incentivi al lavoro stabile, validi per i contratti 2015, stanno, per ora, accentuando le trasformazioni di contratti precari in contratti a tempo indeterminato. Del resto, anche la dinamica delle attivazioni e cessazioni dei rapporti d’impiego relativa al mese di maggio, resa nota qualche giorno fa dal ministero del Lavoro, è coerente con i dati di oggi dell’Istat: su 31mila contratti stabili in più, ben 29.934 sono trasformazioni, e appena 1.610 sono nuovi contratti a tempo indeterminato. Quasi tutto il saldo positivo tra attivazioni e cessazioni è dovuto a contratti temporanei.

Pertanto, in questa fase di transito instabile, l’occupazione aumenta e si riduce velocemente, e ancora nella sua componente “periferica”, cioè, non si sta toccando lo zoccolo duro della disoccupazione. Si tratta di persone, donne e giovani, che entrano ed escono dal mercato del lavoro con estrema fragilità (contratti precari di breve periodo, poi non rinnovati). Non a caso, la crescita del numero di inattivi a maggio è determinata essenzialmente dalla componente femminile (+0,5%) e in crescita sono pure gli inattivi under25. Per ora non si vedono effetti sullo zoccolo duro della disoccupazione.

Tuttavia, se si guarda al confronto non solo mensile, qualche segnale positivo si intravede. Rispetto a maggio 2014 l’occupazione cresce dello 0,30% (+60mila posti); il numero di disoccupati cala dell’1,8% (-59mila persone) e, sempre su base annua, gli inattivi diminuiscono di 135mila unità. Tutti segnali che attestano come qualcosa si stia lentamente muovendo. Quando la ripresa sarà più robusta e anche il settore industriale inizierà a creare nuovi posti di lavoro è fondamentale che il governo non si trovi impreparato e agevoli questo clima di ripartenza con interventi mirati, puntando soprattutto sulla riduzione del cuneo, a partire dal mantenimento pure nel 2016 dello sgravio contributivo sul lavoro a tempo indeterminato.

Discorso a parte meritano gli under25, con numeri che anche a maggio si confermano drammatici. Per loro, va ripensato completamente il programma “garanzia giovani”, che mese dopo mese si sta rilevando un flop.

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