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Finanza pubblica, salta emendamento che spostava regia a Palazzo Chigi

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delega pa alla camera

Finanza pubblica, salta emendamento che spostava regia a Palazzo Chigi

È stato ritirato in commisione affari costituzionali della Camera l’emendamento depositato ieri (come anticipato dal Sole 24 Ore) dal relatore Ernesto Carbone (Pd) che istituzionalizzava la regia di Palazzo Chigi sulle coperture finanziarie dei provvedimenti economici. Un coordinamento, quello della Presidenza del Consiglio, che si sarebbe dovuto estendere anche all'individuazione delle risorse necessarie a far fronte alle leggi di spesa e alla definizione di possibili clausole di salvaguardia.

Processo, questo, difeso con le unghie e con i denti dai tecnici del Tesoro e finora rimasto ad esclusivo appannaggio della Ragioneria generale dello Stato. L’emendamento alla delega Pa, ora ritirato, avrebbe aperto dunque una breccia nel fortino dei conti pubblici di via Venti Settembre.

Regola silenzio assenso anche vale anche per partecipate
Approvato l'emendamento alla delega Pa presentato dal deputato del Pd, Andrea Giorgis, che estende la regola del silenzio assenso tra amministrazioni anche alle società partecipate che gestiscono beni e servizi pubblici. Quindi anche per loro vale il tetto massimo dei trenta giorni, dopo i quali il parere o il nulla osta si intende acquisito. Giorgis sottolinea come la modifica “estende l'applicazione delle nuove misure anche alle partecipate. La commissione Affari Costituzionali della Camera ha anche approvato l'emendamento del relatore, il deputato Pd Ernesto Carbone, che precisa come il presidente del Consiglio possa intervenire, previa delibera del Cdm, in caso di mancato accordo tra gli enti solo nel caso in cui si tratti di amministrazioni statali. Insomma saranno prese in considerazione dal premier, e dal Consiglio dei ministri, solo le vicende che riguardano la Pa centrale e non le contese tra, per esempio, due Comuni.

Verso stop valutazione atenei nei concorsi pubblici
Fonti parlamentari danno per certa la cancellazione dell'emendamento al ddl Pa che dà la possibilità per l'accesso ai concorsi pubblici di far contare non solo il voto di laurea ma anche l'ateneo di provenienza. Già ieri il ministro della Pa Marianna Madia aveva annunciato la modifica dell'emendamento parlamentare, approvato la scorsa settimana, che apre alla possibilità di valutare, nei concorsi pubblici, non solo il titolo di studio, ma anche l'istituzione, vale a dire l'ateneo, che lo ha assegnato.

Accelerazione in commissione
La commissione Affari costituzionali sta accelerando l'esame della riforma Madia. Tra gli emendamenti depositati ieri dal relatore, uno ad hoc per «riordinare, accorpare o sopprimere» uffici e organismi che si sovrappongono, alla luce, però, della ricognizione, piuttosto parziale, prevista dal Dl 90 (decreto-legge Madia). Un altro punta ad arrivare a «criteri omogenei» per la determinazione del trattamento economico dei componenti e del personale delle Autorità indipendenti. Si apre poi alla possibilità di trasferire il Pubblico registro automobilistico (Pra), retto dall'Aci, al ministero dei Trasporti a cui fa già capo la motorizzazione. Si propone anche un “taglia burocrazia” per le opere di interesse generale e si prova a varare un nuovo assetto funzionale e organizzativo di tutte le forze di polizia, da realizzare pure attraverso la revisione delle misure sulle progressioni di carriera, tenendo conto di merito e professionalità.

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