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Il primo sì alla riforma della Rai è bipartisan

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Politica

Il primo sì alla riforma della Rai è bipartisan

ROMA

Sbloccato grazie a un’intesa trovata tra Governo e opposizioni su alcune modifiche al testo, il disegno di legge sulla governance della Rai è stato approvato ieri dalla commissione Lavori Pubblici del Senato. Voto favorevole da parte di tutti i gruppi al mandato dei due relatori, Raffaele Ranucci ed Enrico Buemi, a riferire in Aula.

Nella giornata di ieri è stata rivista e ridimensionata la delega al Governo per la modifica al Testo Unico dei Servizi Media Audiovisivi e Radiofonici: è stato questo l’ultimo tassello che ha consentito al disegno di legge di “passare” l’esame in commissione.

L’obiettivo del Governo è quello di approvare la riforma in Senato prima della pausa estiva. Sarà difficile che il provvedimento venga esaminato già la prossima settimana, con l’Aula impegnata nella conversione dei decreti sulle pensioni e sugli enti territoriali, ma entro la fine del mese potrebbe arrivare l’approvazione. In Aula il testo potrebbe cambiare ancora, perché vi è un’intesa con il Movimento5stelle per ridefinire i requisiti dei futuri consiglieri della Rai. In ogni caso, i curricula arriveranno direttamente ai presidenti delle Camere e saranno resi pubblici su Internet.

La Commissione ha modificato alcune parti del testo: è stata reintrodotta la figura del “presidente di garanzia” e sono stati posti alcuni vincoli all’amministratore delegato sulle nomine dei direttori delle testate giornalistiche. Nel primo caso, il presidente, nominato dal cda, diverrà effettivo solo dopo aver ricevuto il parere favorevole dei due terzi della commissione di Vigilanza (che, pure, è stata privata della nomina dei Consiglieri rispetto alla legge Gasparri). Nel secondo caso, «l’amministratore delegato - spiega il relatore Raffaele Ranucci - potrà fare tutte le nomine con l’obbligo di portarle in consiglio». Il cui parere sarà obbligatorio ma non vincolante, anche nel caso dei direttori di rete, salvo nel caso in cui il cda dovesse bocciare la candidatura di un direttore di testata con una maggioranza dei due terzi (cioè con cinque consiglieri su sette).

«Ma è chiaro - aggiunge Enrico Buemi, Psi, relatore del provvedimento con Ranucci - che di fronte a un voto negativo del Consiglio (per esempio per quattro voti contro tre, ndr) si porrà un problema di opportunità». Il consigliere che sarà nominato dai dipendenti della Rai dovrà avere almeno tre anni di anzianità, e potrà essere scelto negli organismi rappresentativi o sostenuto da 150 firme di dipendenti.

Un’altra novità introdotta in commissione è la creazione di un comitato di «garanzia democratica e culturale - continua Buemi - che ancora non ha un nome, composto dal presidente e da due consiglieri che dovrebbe vigilare sull’operato del servizio pubblico (e la Vigilanza, allora? ndr)». La delega al governo per il finanziamento pubblico della Rai rimane ma diventa «per la disciplina del finanziamento del servizio pubblico e per la disciplina del finanziamento dell’emittenza locale», con l’obiettivo, nel secondo caso, di premiare le emittenti “di qualità”, riconoscendo a queste ultime funzioni di «pubblico interesse» e dando quindi loro certezza di risorse. Lo aveva già annunciato Giacomelli mercoledì all’assemblea di Aeranti-Corallo: le tv locali che fanno informazione hanno «funzione di servizio pubblico». La delega per la riforma del Testo Unico viene ridimensionata, limitandosi in sostanza a quelle modifiche richieste dalla legge di riforma della governance Rai.

«Il nostro orientamento - spiega il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, Forza Italia - resta quello di votare contro, ma senza fare alcun ostruzionismo».

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