Se l'è goduto fino alla morte il suo enorme patrimonio ma gli eredi del re della montagna aspromontana Rocco Musolino, deceduto il 12 giugno 2014 a 88 anni, hanno fatto appena in tempo ad assaporarlo. Dopo il sequestro preventivo del 29 marzo 2013, la Dia di Reggio Calabria (agli ordini del comandante Gaetano Scillia) e l'Arma dei Carabinieri del Comando Provinciale (guidati dal colonnello Lorenzo Falferi), su delega della Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, hanno confiscato ben 338 beni mobili e immobili per 153 milioni. Nell'elenco c'è di tutto: società, stalle, scuderie, terreni agricoli, appartamenti di pregio (anche nel centro di Roma), ville, magazzini, conti correnti e perfino tettoie.
Il “re” «saggio» (come lo definiscono i tre giudici donna nel decreto di sequestro del 2013) di Santo Stefano d'Aspromonte (né è stato anche sindaco), l'imprenditore pressoché monopolista del settore boschivo (riforniva quasi tutti i cantieri pubblici) venne assolto nel 2001 nel corso del processo Olimpia dalla contestazione del 416 bis (associazione di stampo mafioso).
Già nel comunicato stampa della Dia e dei Carabinieri del 2013 si legge però che «Musolino ha esercitato la propria attività sfruttando i legami con la ‘ndrangheta, che gli hanno consentito di operare ed agire, fino a raggiungere una posizione di sostanziale monopolio, con modalità di sopraffazione e intimidazione tipiche dell'impresa mafiosa, nonché sfruttando le cointeressenze in tutti gli altri settori del mondo politico, economico ed istituzionale».
Il pentito Filippo Barreca provò a descrivere il ruolo di vertice di Rocco Musolino: «…il suo grado all'interno della ‘ndrangheta è elevatissimo, più di “vangelo”, e questo grado di mafia cumula con quello di massone…».
r.galullo@ilsole24ore.com
Per approfondimenti si vedano
Don Rocco Musolino/1 Il re dell'Aspromonte impone assunzioni e salari ma per lui la parola ‘ndranghetista compare e scompare
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