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Confindustria: gli investimenti ripartono, cruciale sostenerli

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la nota del centro studi

Confindustria: gli investimenti ripartono, cruciale sostenerli

Dopo la forte contrazione degli investimenti nel lungo arco della crisi, emergono segnali di recupero, ancora modesti. Ripartono gli investimenti, ma è cruciale sostenerli. Lo attesta la nota del Csc Confindustria a cura di Fabrizio Treù, che ricorda come tra il 2007 e il 2014 gli investimenti fissi lordi si siano contratti in Italia del 30% e la loro quota sul prodotto sia scesa dal 21,6% al 16,9%. Il miglioramento degli ordini interni di beni strumentali indica che proseguirà il recupero degli investimenti in macchinari (+2,5% nel primo trimestre 2015).

Una spinta potrebbe venire dalla maggiore stabilità politica
Secondo il Csc «una spinta agli investimenti nei prossimi trimestri potrebbe provenire in Italia dalla maggiore stabilità politica, segnalata dal graduale ridursi del grado di incertezza, in discesa dal picco raggiunto nel 2012 e inferiore a quello medio delle altre principali economie europee. Uno stimolo non trascurabile, come già avvenuto in passato in occasione di interventi analoghi, si sta dimostrando essere svolto dagli incentivi agli investimenti in beni strumentali per le imprese di dimensione medio-piccola (la cosiddetta «Nuova Sabatini»). Disaggregando la spesa per investimenti in funzione della destinazione si può osservare che - a fronte di una persistente flessione di quelli in costruzioni - gli investimenti in macchinari e attrezzature hanno invertito la direzione di marcia e hanno iniziato a risalire nella seconda metà del 2014. Il loro recupero è destinato proseguire e rafforzarsi, come segnala il profilo degli ordini interni di beni strumentali.

Cosa frena gli investimenti
Il Csc ha messo a fuoco le condizioni che frenano gli investimenti, e che sono destinate almeno in parte a persistere: «alta incertezza e aspettative di basso aumento della domanda, difficoltà di finanziamento bancario, una capacità produttiva largamente inutilizzata, vincoli di bilancio pubblico e, in Italia, redditività ai minimi». La nota ricorda come gli investimenti, oltre a essere un'importante componente della domanda aggregata, siano anche «la principale fonte di incremento della produttività, così che la minore accumulazione degli ultimi anni difficilmente sarà senza conseguenze sul ritmo della crescita futura». Per l'Italia una spinta positiva sta venendo dalla diminuzione dell'incertezza relativa alle politiche economiche e dagli incentivi agli acquisti di beni strumentali per le imprese di dimensione medio-piccola.

I giudizi di Fmi, Ocse e Bei
Lo studio ricorda che l’Fmi identifica la principale determinante della caduta degli investimenti fissi nella debolezza dell'attività economica (effetto acceleratore), a sua volta attribuita ad attese di domanda persistentemente negative. Effetto al quale si sommano quelli dovuti ai più stretti vincoli della finanza d'impresa e alla forte incertezza del quadro delle politiche conseguente alla crisi dei debiti sovrani. Anche secondo l’Ocse la debolezza della domanda è la principale causa della caduta degli investimenti privati. L’Ocse sottolinea come molte economie siano rimaste bloccate in un equilibrio di bassa crescita, bassi investimenti, elevata disoccupazione, salari stagnanti e consumi fermi, e come il livello attuale degli investimenti sia inferiore a quello potenziale in rapporto al Pil. Secondo la Bei una quota molto alta del calo degli investimenti in Europa (53%) è spiegata dall'incertezza delle politiche economiche, cui si aggiungono i timori di un ulteriore credit crunch conseguente all'elevato volume di sofferenze tuttora in carico al sistema finanziario.

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