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Riforme: alt di Finocchiaro al Senato elettivo e si riaccende lo scontro…

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in commissione a palazzo madama

Riforme: alt di Finocchiaro al Senato elettivo e si riaccende lo scontro nel Pd. Dalla Lega 510mila emendamenti

«La scelta di superare il bicameralismo paritario e di escludere il Senato dal circuito fiduciario costituisce un assunto irreversibile». Anna Finocchiaro, presidente dem della I commissione di Palazzo Madama e relatrice del ddl costituzionale all’esame dei senatori in terza lettura, lo ha detto oggi chiaro e tondo al termine del dibattito: rimettere in discussione il Senato non elettivo significa «rimettere la riforma costituzionale di nuovo sulla linea di prima partenza». Ripartire da zero. Una doccia gelata per la minoranza Pd, che però non demorde. Mentre la Lega fa piovere sul disegno di legge una «bomba atomica» di 510mila emendamenti. E la ministra delle Riforme Maria Elena Boschi avverte: «Non ritengo ci sia la necessità di modifiche da un punto di vista giuridico-costituzionale. Eventuali modifiche saranno quindi determinate esclusivamente da scelte politiche».

Finocchiaro: Senato elettivo significherebbe ripartire da zero
Inequivocabili le parole di Finocchiaro: la seconda Camera eletta con un procedimento di secondo grado «è stata una costante di tutta la più recente stagione delle riforme e non può, pertanto, essere ritenuta oggi una soluzione estemporanea e non meditata». La questione - ha sottolineato « non è se l’articolo 2 sia modificabile o meno, bensì se, in questa terza lettura, intendiamo proseguire lungo il sentiero, ampiamente battuto, di un Senato rappresentativo delle istituzioni territoriali, ovvero, secondo il parere di altri, percorrere la strada di un Senato eletto direttamente con metodo proporzionale, a “correzione” o “contrappeso” di un sistema nel quale la Camera è eletta con un sistema elettorale a forte impronta maggioritaria». A voler seguire la strada del Senato di garanzia, «con funzioni di equilibrio di un sistema ritenuto altrimenti sbilanciato a vantaggio del circuito maggioranza-Governo, si finisce - ha avvisato la presidente della commissione Affari Costituzionali - col mettere in discussione tutto il disegno riformatore, assumendosi la responsabilità di riavviare l’intero procedimento e così ponendo nel nulla il lavoro fin qui compiuto».

«Riflettere su funzioni, Consulta e Titolo V»
Su altro, invece, per Finocchiaro «occorre compiere un supplemento di riflessione». A partire dalle funzioni del Senato, dopo che Montecitorio ha attenuato quelle di controllo, di verifica e di valutazione «che dovrebbero qualificare il Senato e caratterizzarlo nell’ordinamento». La Camera ha così contribuito a creare «un soggetto ibrido, con caratteri di ambiguità che andrebbero risolti». Altro tema sensibile è quello dell’elezione degli organi di garanzia, in particolare del presidente della Repubblica, ma anche dei giudici costituzionali (auspicabile, per Finocchiaro, il recupero del sistema definito alla fine della prima lettura con tre giudici eletti dalla Camera e due dal Senato). Criticità sono state evidenziate anche sulla riforma del Titolo V ma - ha concluso la senatrice - «desidero ricordare ai colleghi che la scrittura dell’articolo 117 della Costituzione è frutto di una transazione assai complessa e molto minuziosa».

La minoranza Pd: «Non insistete con le forzature»
Ma la minoranza del Partito democratico non si arrende. Le conclusioni di Finocchiaro e Boschi, afferma Vannino Chiti, «sono deludenti e politicamente assai negative». A suo avviso, non tengono conto né del dibattito né delle audizioni dei costituzionalisti. Poi l’avvertimento: «Attenzione perché una malintesa obbedienza politica o essere più realisti del re può portare a sbattere mettendo a rischio non solo la riforma ma forse la stessa tenuta del governo». Dello stesso tenore il commento di Massimo Mucchetti: «Cara Maria Elena, caro Matteo, cara Anna, non insistete con le forzature, comunque mascherate, finché siete in tempo. Meglio chiuderlo il Senato che farne un bivacco di mezze figure, costoso e certamente inutile».

Dalla Lega «bomba atomica» di 510mila emendamenti
Sul cammino del ddl c’è poi la mina Lega. Roberto Calderoli ha presentato in via informatico 510mila emendamenti, anche sul Senato elettivo. Ma - ha spiegato - se il Governo dovesse aprire a spazi di dialogo e confronto «sono pronto a ritirarli e a lasciarne solo quattro». Una settimana fa Calderoli aveva annunciato di voler battere il primato, da lui stesso detenuto, di 47mila emendamenti presentati a un ddl. «Ora - ha detto - vinco il record assoluto: è una bomba atomica sul cammino delle riforme, non per bloccarle ma per portare il Governo a più miti consigli».

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