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Legambiente: mare inquinato ogni 62 km di costa. Maglia nera a Marche…

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«GOLETTA VERDE» DI legambiente

Legambiente: mare inquinato ogni 62 km di costa. Maglia nera a Marche e Abruzzo. Sardegna promossa

Legambiente tasta il polso al mare italiano, e i risultati non sono rassicuranti. Il laboratorio mobile ha analizzato 266 campioni d'acqua, di cui il 45% è risultato contaminato da cariche batteriche (principale aspetto su cui l'indagine si è concentrata) «superiori ai limiti imposti dalla normativa». Ossia, «un punto inquinato ogni 62 km di costa».

A risultare più preoccupanti sono le spiagge prossime alle foci di fiumi, canali o torrenti: la causa prima dell'inquinamento delle acque è infatti l'assenza o il cattivo funzionamento dei depuratori, che riguarda secondo l'Istat il 42% degli scarichi fognari dell'intera nazione. «A conferma del deficit depurativo ci sono le due sentenze di condanna dell'Unione Europe- ricorda Legambiente - arrivate rispettivamente nel 2012 e nel 2014, e il parere motivato del rispetto della direttiva 91/271 sulla depurazione degli scarichi civili. Procedimenti che riguardano un agglomerato su tre» e di cui Legambiente sottolinea l'impatto negativo anche a livello economiche, poiché «le sanzioni sono pari a 476 milioni di euro all'anno dal 2016 al completamento delle opere».

Quella presentata oggi alla sede centrale di Roma non stila una classifica a livello nazionale, tuttavia è emerso che le coste con le maggiori criticità si collocano nelle Marche e Abruzzo, penalizzate anche dall'elevato numero di corsi d'acqua, canali e fossi che sfociano in mare. Situazione difficile anche in Sicilia (dove su 26 punti monitorati ben 14 sono risultati inquinati o fortemente inquinati) mentre poche criticità sono state riscontrate nelle regioni dell'alto adriatico (Veneto e Friuli Venezia Giulia), complice anche il periodo di campionamento (ad inizio giugno quindi a stagione balneare appena cominciata). Riconfermata l'ottima performance della Sardegna.

«Il maggiore problema è l'atteggiamento dei Comuni dell'entroterra - afferma il presidente Vittorio Cogliati Dezza - a differenza di quelli costieri, che intervengono con opere di miglioramento degli scarichi perché si preoccupano della balneabilità delle loro spiagge. Gli altri invece tendono a deresponsaibilizzarsi, quando invece serve complementarietà delle azioni» conclude.

Dallo studio condotto da Goletta Verde sui 266 punti presi in esame, e che si traducono in 7.355,3 km di coste italiane, 120 risultano «inquinati e fortemente inquinati», e «ben il 49% risulta non campionato dalle autorità competenti, cioè non sottoposto a nessun tipo di controllo sanitario». Addirittura, avvertono gli esperti di Legambiente, «il 38% dei punti scovati, nel portale delle acque del Ministero della Salute risulterebbero balneabili, talvolta in classe eccellente». Questo forse a causa del fatto che, come spiega l'associazione, «il criterio utilizzato nel definire i punti di prelievo da parte delle autorità competenti è quello del “maggiore afflusso” e quasi mai del “maggior rischio” (utilizzato dai tecnici di Goletta Verde), sebbene entrambi siano previsti dalla direttiva».

Forze dell’ordine e capitanerie di porto hannop accertato 14.542 infrazioni per reati inerenti al mare e alla costa nel 2014: circa 40 al giorno, 2 per ogni km di litorale. La Puglia svetta con 3.164 infrazioni, seguita da Sicilia (2.346) Campania con (1.837) e Calabria (1.370). Sulle infrazioni rilevate per km di costa la Campania è prima con 3,9, seguita da Puglia (3,7), Molise (3,1), Liguria (3) e Marche (2,9). Le tipologie di reato, spiega Cogliati Dezza, «vanno dalle illegalità nel ciclo del cemento sul demanio marittimo all'inquinamento del mare dovuto a mala depurazione, scarichi fognari, inquinamento da idrocarburi, sversamento di rifiuti di vario tipo, anche se non mancano i casi di pesca di frodo».

Altro aspetto che emerge è l'assenza di adeguata cartellonistica: dei 266 punti monitorati, il “divieto di balnezione” mancherebbe in 122. Inoltre, come da direttiva europea, all'accesso alle spiagge deve essere installato un cartello informativo che illustri la qualità dell'acqua sulla base della media dei giudizi raccolti negli ultimi 4 anni, eventuali ragioni di criticità, e i numeri utili a cui il cittadino può rivolgersi per qualsiasi tipo di segnalazione: tali cartelli sono presenti «solo nel 3% dei casi». Legambiente quindi sollecita le amministrazioni comunali a provvedere, trattandosi di un adempimento di loro competenza.

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