L'ex ministro del Lavoro, Elsa Fornero condivide che sia arrivato il tempo per reintrodurre un po' di flessibilità nell'età di pensionamento, ma mette in guardia dal trasferirne nuovamente il costo sulle generazioni giovani e future. L'uscita dal lavoro in anticipo rispetto all'età di vecchiaia - ipotizza - potrebbe costare al lavoratore il 3-3,5% per ogni anno di anticipo, una soluzione non neutrale per la finanza pubblica ma meno costosa delle ipotesi circolate finora, ad esclusione del ricalcolo contributivo dell'intero assegno.
Secondo Fornero, autrice della riforma del 2011 contenuta nel decreto ''Salva Italia'', questa soluzione potrebbe rappresentare un punto di equilibrio tra le esigenze dei pensionandi e quelle del Governo che sulla materia non vorrebbe stanziare cifre molto alte.
Più volte il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, infatti, ha detto che non si può costruire altro debito e scaricare nuovi pesi sulle future generazioni. Gli interventi in direzione di una maggiore flessibilità sono stati annunciati per la prossima legge di stabilità, ma il tema principale resta quello delle risorse. Sembra archiviata la possibilità di utilizzare le proposte avanzate in Parlamento da Damiano-Baretta (2% di taglio per ogni anno di anticipo con un limite dell'8%) e quella sulla ''quota 100'' tra età e contributi per i costi che potrebbero avere.
Secondo i calcoli dell'Inps, esposti dal presidente Boeri in un'audizione alla Camera a giugno, le due ipotesi costerebbero a regime rispettivamente, se tutti coloro che ne hanno diritto utilizzassero l'opzione, 8,5 e 10,6 miliardi l'anno.
Boeri nella stessa audizione ha espresso il suo parere favorevole invece all'estensione della platea dell'opzione donna, ovvero alla possibilità che chi va in pensione in anticipo rispetto all'età di vecchiaia lo faccia utilizzando il sistema contributivo.
Questa opzione rischia, però, di essere talmente penalizzante da non essere utilizzata, come spiega Fornero. ''E' falsa flessibilità - dice - di fatto rende quasi proibitivo l'anticipo del pensionamento '' a meno che il lavoratore non si trovi in condizioni di assoluta necessità. Secondo Fornero l'emergenza nella quale si decise la riforma della previdenza nel 2011 può considerarsi quasi del tutto ''superata'' e quindi è possibile introdurre un po' di flessibilità ma gli interventi dovranno essere ''molto ponderati''.
Intanto i sindacati hanno chiesto al Governo un incontro anticipando il loro no alla decurtazione di assegni già bassi. Ma l'eventuale taglio del 3,3,5% potrebbe essere anche troppo costoso per le disponibilità del Governo mentre per i lavoratori più anziani sono in arrivo nel 2016 una nuova revisione al ribasso dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo, nonché l'innalzamento dell'età di vecchiaia (da 66 anni e tre mesi a 66 anni e sette mesi per gli uomini mentre per le donne del settore privato l'aumento è di 1 anno e 10 mesi con il passaggio da 63 anni e 9 mesi a 65 anni e 7 mesi).
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