In quattro anni il Cara di Mineo è diventato uno dei centri per richiedenti asilo più grandi d’Europa, al centro di scandali, inchieste, scontri e polemiche. Pochi quelli che realmente hanno la certezza di ottenere lo status di rifugiati.
Per anni villaggio degli americani di stanza a Sigonella
È stato per anni abitato dalle famiglie dei soldati americani di stanza a Sigonella. Poi all’inizio del 2011 il villaggio di Mineo, nella piana di Catania, è diventato un centro per richiedenti asilo, sempre al centro di polemiche e scandali. Gli americani rescissero il contratto di affitto all’inizio del 2011 e da allora il 'Residence degli aranci' è divenuto, per decisione dell'allora premier Silvio Berlusconi e dell'ex ministro degli Interni Roberto Maroni, il Cara di Mineo. Nelle circa 400 villette a schiera a due piani vivono oggi oltre 3.000 migranti, liberi di entrare e uscire, anche se il villaggio è recintato da filo spinato e vigilato da militari e forze di polizia, che controllano i varchi.
Troppe lungaggini burocratiche, pochi veri rifugiati
Era un rischio annunciato il fatto che diventasse una realtà-ghetto. Oggi è un suk dove convivono decine di etnie, di tribù, anche se paradossalmente coloro che hanno la quasi certezza di ottenere lo status di rifugiato, come siriani e eritrei, sono pochi: le lungaggini burocratiche li spingono a sottrarsi alle procedure di identificazione e a dirigersi direttamente nei paesi europei dove li aspettano i loro parenti. Per tutti gli altri la permanenza nel centro può essere lunga, o molto lunga: anche un anno, con oneri per lo Stato notevoli. Negli anni non sono mancate le proteste degli ospiti e gli scontri con le forze dell'ordine, come nel 2012, quando diversi agenti rimasero feriti. Il centro allora, come spesso accade, era sovraffollato e le condizioni di vita dei migranti ai limiti della decenza.
Sul centro indagano tre procure
Il Cara di Mineo è al centro di scandali e inchieste. Sul centro indagano, a vario titolo, tre procure: Roma, Catania e Caltagirone. I magistrati romani, titolari dell'inchiesta su “mafia capitale”, stanno valutando presunte irregolarità nella gestione del centro: tra gli indagati il sottosegretario Giuseppe Castiglione (Ncd), accusato di aver favorito il consorzio suggerito da Luca Odevaine, uomo chiave dell'indagine romana. Un appalto da 100 milioni, oggetto di commissariamento su richiesta di Raffaele Cantone. La procura di Catania indaga su vari profili inerenti il centro, dagli appalti alla gestione, mentre quella di Caltagirone sta valutando la posizione di cinque persone, tra cui il sindaco di Mineo, nell'ambito di una presunta parentopoli nelle assunzioni. «Il Cara di Mineo crea problemi», ha detto il procuratore Giuseppe Verzero, che indaga pure sull'ivoriano - ospite del Centro - accusato di aver ucciso due coniugi a Palagonia.
Per molti è da chiudere, per ora sarà ridimensionato
A chiedere la chiusura del centro con forza sono la Lega, Forza Italia e i Cinque Stelle, ma anche il quotidiano dei vescovi Avvenire ha sollecitato questa decisione. E Matteo Salvini, a chi gli ricorda che quel centro fu inaugurato dal suo compagno di partito Maroni, risponde che «il Cara fu aperto in maniera provvisoria quando c'era la guerra in Libia. Poi doveva essere chiuso». Di recente il prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento Immigrazione del Viminale, ha annunciato che il numero dei migranti presenti nel centro diminuirà, al pari dei mesi di permanenza, anche se chiudere il Cara «al momento non è possibile».
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