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Ipo, alleanze, estero: a Cernobbio la finanza dà segni…

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I GRANDI CANTIERI

Ipo, alleanze, estero: a Cernobbio la finanza dà segni di risveglio

Eppur (qualcosa) si muove. Più del passato, soprattutto recente. Dopo anni in buona parte segnati dalle gioie di ieri, i dolori di oggi e le incertezze di domani, la finanza italiana a Cernobbio quest'anno si è scoperta, non senza una certa sorpresa, capace e soprattutto vogliosa di tornare a progettare. Il contesto macroeconomico, come si è detto al Workshop Ambrosetti, continua a offrire il solito mix di luci e ombre, rischi e potenzialità: l'Italia, con le sue tante imprese e poche multinazionali è sempre a metà del guado, ma pur timidamente si registrano i primi segnali di risveglio.

È così che a Cernobbio si sono presentati i vertici di Poste per assicurare che l'Ipo, una delle operazioni più attese dal capital market europeo, procede come da programma: per l'ad Francesco Caio «Poste rimane poste solo se si privatizza», mentre la presidente Luisa Todini non ha esitato dal battibeccare con Corrado Passera per difendere l'operazione. E intanto Nani Beccalli Falco assicura che pure Enav (di cui è presidente) in Borsa ci andrà, nei tempi e nei modi previsti. Effervescenza crescente anche sul fronte Tlc: Telecom e il suo primo azionista Vivendi pronti a «scrivere una grande storia di successo» (copyright Recchi-de Puyfontaine), Metroweb e Wind (più Enel) ad affilare le armi sulla banda larga. Novità in vista anche tra le banche: per le Popolari l'obbligo a trasformarsi in Spa ormai non si discute e nonostante qualche fisiologica perplessità - per il presidente Bpm Piero Giarda «si poteva agire con più gradualità» - si ragiona di riassetti, mentre procedono (con un occhio all'Europa) i cantieri su bad bank e salvataggio delle ultime crisi bancarie prima che arrivi il bail-in. E tra i dossier vecchi di anni (o decenni) che improvvisamente sembrano tornare sul tavolo compare anche quello delle utility, in perenne attesa di quel riassetto che ora potrebbe subire un'accelerazione vera. Per fare meglio in Italia e contare di più all'estero, sulle orme di Eni e della scoperta del maxi giacimento di gas al largo dell'Egitto annunciata una settimana fa, «un simbolo di quello che l'Italia può fare» per Matteo Renzi.

Forse è un nuovo mood, che impone di essere «positivi, concreti ed energici», per usare i termini di Federico Ghizzoni, ceo di UniCredit, dopo aver ascoltato l'intervento del premier. O sarà che dopo tanti anni a incassare e recriminare, c'è voglia di cambiare registro. «Il punto è che se non cambiamo atteggiamento, tutti quanti – collettivamente e ognuno come singolo – andremo sempre più in basso», aveva detto proprio un anno fa sempre a Cernobbio, suscitando un applauso fragoroso. Poi, citando una poesia dell'achorman Charles Osgood, aveva parlato di un paese, l'Italia, in cui «Ognuno incolpa Qualcuno perché Nessuno fa ciò che Qualcuno avrebbe potuto fare»: la cronaca (oltre alle parole) dell'Ambrosetti 2015, dice che qualcosa si sta muovendo anche nel cauto mondo della finanza. Tra un anno si capirà se è un fuoco di paglia o la svolta vera.

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