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Lavoro, come si fa colpo su un'azienda: parola di LinkedIn

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Lavoro, come si fa colpo su un'azienda: parola di LinkedIn

Dai un occhio al curriculum? Più tardi: prima, dai un occhio a LinkedIn. Il social network professionale da 8 milioni di utenti in Italia ha appena registrato un esordio-boom al primo settembre: +61% degli accessi rispetto all'ultima settimana d'agosto. Marcello Albergoni, head of Italy di LinkedIn, ci spiega che è solo un segnale di un «grande fermento da entrambe le parti»: le aziende fanno più ingressi e i candidati rinfrescano il curriculum con tutto quello che attira l'attenzione de datori di lavoro. Ma quali sono i trucchi per aumentare l'efficacia di LinkedIn? Lo abbiamo chiesto ai diretti interessati e alle società specializzate nella selezione di professionisti.

Frasi fatte, vade retro. E occhio alla lunghezza
Iniziamo dal riepilogo, il biglietto da visita che riassume in poche righe chi siete, cosa fate e per chi. Albergoni (LinkedIn) consiglia di evitare frasi fatti e termini «abusati» nel linguaggio delle auto-presentazioni. Una ricerca a firma della stessa LinkedIn, risalente al 2014, ha stilato una top 10 dei termini più inflazionati sul web. Nell'ordine: i candidati italiani amano qualificarsi come «esperti», «creativi», «specializzati», «appassionati» e «motivati». Hanno lavorato o vogliono lavorare in «multinazionali», senza specificare dove e in che ruolo. Pensano in maniera «strategica», sono esperti (appunto…) in «problem solving» e gestiscono la vita con spirito «dinamico».
Albergoni consiglia di rimpiazzare i luoghi comuni con quello che è registrato e dimostrabile, le esperienze. Ad esempio, se si parla di «motivazione», bisognerebbe «provare a inserire alcuni esempi che dimostrino chiaramente la propria motivazione». Come? «Semplicemente caricando nel curriculum esempi significativi a dimostrazione dei risultati ottenuti con il proprio lavoro». C'è anche un tetto massimo sulla lunghezza: «La descrizione personale o meglio il riepilogo, che non deve superare le 400 parole, deve essere come i paragrafi introduttivi della miglior lettera di presentazione mai scritta: deve essere concisa ma al tempo stesso estremamente chiara sulle qualifiche e gli obiettivi».

Come si compilano le esperienze
Lorenzo Selmi, senior manager di Technical Hunters, conferma che le esperienze ufficiali sono la migliore «prova di motivazione» che si possa ricavare da un profilo sul web. Selmi fa un esempio tecnico: «Un ingegnere dell'Oil&Gas può citare due-tre delle sue commesse principali, indicando tempi, enti coinvolti e risultati. Interessante perché fa capire, nel concreto, cosa si è capaci di fare e che risultati si possono portare all'azienda». Se le performance sono quantificabili in vendite o fatturato, fa notare Selmi, meglio spingersi oltre e «fornire anche un'indicazione di quanto si è 'prodotto' a livello di ritorni economici. Mette in chiaro, da subito, su che standard si muove il candidato».

...e se non ne ho ancora fatte?
Capitolo nuovi ingressi. Non è frequente, per un neolaureato, vantare trascorsi diversi da tirocini low cost, borse di studio o soggiorni all'estero. Secondo Francesca Contardi, managing director di Page Personnel Italia, la soluzione sta nel dare peso a tutto quello che forma le competenze extra-professionali: da una tesi di laurea sperimentale a un campo estivo di volontariato. «Se è un neolaureato si può concentrare sul percorso di studi fatto, il tipo di tesi che si è svolta, esperienze di studio all'estero. Tendono a essere tenuti in ombra, quando sono competenze che indicano un carattere intraprendente e stimolante per un datore di lavoro». «Sono elementi che confermano lo spirito di iniziativa – dice Selmi, di Technical Hunters – Attenzione, però: alcuni recruiter possono apprezzare, altri meno perché magari cercano candidati più statici».
In ogni caso, dagli universitari agli ingegneri senior, le regole sono due: precisione e trasparenza. Un binomio che si incrocia spesso, viste le “concessioni” che diversi utenti fanno alla propria carriera: «Ci sono quelli che, da direttore commerciale, si trasformano in country manager sul web – fa notare Contardi -. Il punto è che le informazioni sono online e alla portata di tutti, quindi informazioni parziali o fittizie rischiano di ritorcersi contro chi le ha pubblicate».

Competenze: trasparenza e key words, come giocarsi le proprie carte
Lo stesso principio vale per le competenze, la griglia di attitudini che salta all'occhio quando si clicca su un profilo. Selmi consiglia di essere «il più specifici possibile», con una descrizione realistica delle proprie abilità. A cominciare dalle lingue: meglio non parlare di «conoscenza professionale completa» dell'inglese se si è digiuni del gergo tecnico. «Conoscenza professionale completa dell'inglese non significa saper andare al bar, significa sapersi muovere in un contesto lavorativo con confidenza. Bisogna essere chiari ed esprimere il proprio livello, cosa che è anche più interessante per un recruiter» dice Contardi, di Page Personnel.
Se le carte ci sono, però, conviene giocarle. LinkedIn stima che la presenza delle skill online moltiplichi di 13 volte tanto la possibilità di essere notati, oltre a rappresentare un «brand professionale» di sé. Il trucco sta nell'usare termini chiave, utili per essere rintracciati dalle aziende a seconda di posizione aperta e area geografica. «È importante individuare le parole e gli slogan più accattivanti nelle offerte di lavoro che potrebbero interessarti e nei profili degli utenti che ricoprono posizioni simili a quelle a cui aspiri» dice Albergoni.

La foto conta. Sopratutto se è falsa
Niente di nuovo: secondo LinkedIn, una foto-profilo aumenta di 14 volte la possibilità di restare impressi durante una ricerca. Meno noto è quanto possa incidere la qualità dello scatto – e in negativo. L'abc, come evidenzia Albergoni, dovrebbe essere «mettere una foto pertinente quindi no foto in costume da bagno o del matrimonio ma foto che riportano al modo del lavoro». Contardi entra nel dettaglio, con la lista dei vizi più diffusi: effetti di troppo, ritocchi con Photoshop… «È sempre questione di trasparenza. Nell'eventualità di essere contattati, al selezionatore non fa una bella impressione trovarsi di fronte una persona diversa da quella che aveva individuato».

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