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Riforme, strappo minoranza Pd: via dal tavolo con la Boschi. Renzi accelera: testo subito in Aula

Subito in aula. Dopo lo strappo della minoranza dem, su input di palazzo Chigi il Pd accelera e chiederà nella prossima capigruppo al Senato, forse già domani mattina, di calendarizzare il ddl riforme. A quel punto spetterà al presidente Piero Grasso pronunciarsi. Dichiarare o meno ammissibili gli emendamenti al ddl Boschi, nello specifico quelli all'art.2 sull’elezione dei senatori. La capigruppo del Senato è stata convocata per domani alle ore 15, dopo la richiesta della maggioranza in tal senso. Il governo si presenterà davanti a Grasso forte di un punto fermo. Oggi in commissione Affari costituzionali, in anticipo rispetto ai tempi previsti, la presidente Anna Finocchiaro ha dichiarato inammissibili gli emendamenti alle riforme. Lo strappo al tavolo Pd sulle riforme con l'abbandono dei lavori da parte della minoranza ha certificato la difficoltà di raggiungere un accordo unitario interno ai dem. I numeri, quindi, dovranno venire anche da altre parti. E a questo si sta lavorando ormai da tempo. Resta aperto il canale di dialogo con quella parte delle opposizioni disposte a votare la riforma: i verdiniani di Ala, ma anche i dialoganti di Forza Italia e Lega.

Riforme: minoranza lascia tavolo Pd
Doris Lo Moro, esponente bersaniana della minoranza interna presente al tavolo del Pd sulle riforme, ha lasciato oggi polemicamente la riunione con la ministra Boschi. Siamo su un «binario morto», ha osservato. E ha aggiunto: «Non si discute né di articolo 2 né di competenze, funzioni e garanzie del nuovo Senato». La mediazione nel Pd sul nodo dell'eleggibilità dei futuri senatori insomma sembra naufragata.

Pd chiederà calendarizzazione ddl in Aula
Dopo lo strappo il gruppo Pd, su input di Renzi, molto probabilmente tra oggi e domani chiederà di calendarizzare direttamente per l'Aula il testo di riforma costituzionale. I Dem, infatti, secondo quanto si apprende da fonti maggioranza, avrebbero deciso di accelerare i tempi di esame evitando che il ddl Boschi «resti impantanato ancora a lungo in commissione».

Renzi: riforme da approvare in Senato prima del 15 ottobre
La tabella di marcia, inderogabile, la ha ribadita il premier: «Entro il 15 ottobre la legge di stabilità deve essere presentata in Senato - ha detto il capo del governo parlando a una conferenza stampa nella sede del Mibact - e questo rende anche ragione della data del 15 ottobre per la conclusione delle riforme».

Boschi: tavolo non è saltato, non siamo su binario morto
Il ministro delle riforme Maria Elena Boschi, intanto, dopo la decisione della senatrice della minoranza Pd Doris Lo Moro di lasciare il tavolo del Pd sulle riforme costituzionali, ha cercato di gettare acqua sul fuoco negando la rottura in casa dem. «Assolutamente non siamo su un binario morto, non è saltato alcun tavolo - ha detto -. Stiamo lavorando, anzi abbiamo fatto dei passi in avanti importanti in questi giorni su diversi punti. I contatti continueranno anche nelle prossime ore e nei prossimi giorni, penso che sia necessario ovviamente lavorare sapendo che abbiano l'impegno di completare il lavoro entro il 15 di ottobre, prima della sessione di bilancio, e che i tempi quindi stringono». E ha aggiunto: «Non siamo preoccupati per i numeri ma abbiamo il dovere di trovare un accordo ampio in Parlamento».

Finocchiaro: no ammissibilità emendamenti art. 2
La commissione Affari costituzionali del Senato è tornata a riunirsi nel pomeriggio per cominciare l’esame delle migliaia di emendamenti al ddl. La presidente Anna Finocchiaro ha escluso l’ammissibilità di quelli all’articolo 2, tranne il comma 5 (relativo alla durata del mandato) modificato dalla Camera, a meno che non ci sia un accordo politico da parte di tutti i gruppi. Lo ha annunciato in Commissione la stessa Finocchiaro. In pratica, se ci fosse l'unanimità dei capigruppo sulle modifiche delle parti approvati in doppia lettura conforme, si potrebbe procedere con gli emendamenti sulla materia del Senato elettivo. Ma è ipotesi di scuola, perché l’accordo non c’è.

Romani (Fi): sgomenti per totale indisponibilità Pd
La decisione di Finocchiaro ha causato una dura reazione di Fi. «La totale indisponibilità del Pd ci trova sgomenti» ha dichiarato Paolo Romani, capogruppo di Fi al Senato, per il quale «la posizione della presidente Finocchiaro è ineccepibile dal punto di vista regolamentare, ma vuol dire che il Pd ha deciso di approvare le riforme con una maggioranza risicata». Romani ha fatto sapere quindi che ha chiesto in commissione «un comitato ristretto di tutte le forze politiche ». E ha ammonito: la maggioranza «andrà alla conta e spero che facciano bene i conti».

Le ipotesi di mediazione
Tra le ipotesi di mediazione c’è o un “intervento chirurgico” sull'articolo 2 come proposto dallo stesso Giorgio Tonini, vicepresidente della Camera e renziano, o i cosiddetti lodi Zanda-Finocchiaro o Bassanini (ossia introdurre in un altro articolo - non il 2 - il principio della designazione dei futuri senatori da parte degli elettori attraverso un listino da votare tra i candidati alle regionali ) per Grasso è indifferente la soluzione tecnica. «Perché qualsiasi decisione io prenderò - ha confidato Renzi ai suoi - la riforma rischia di non passare senza un accordo politico». Già, perché anche nell'ipotesi in cui si dovessero accogliere solo gli emendamenti relativi alla durata del mandato dei senatori (l'unica parte cambiata alla Camera) e non quelli tendenti a reintrodurre l'elettività dei futuri senatori, ci sarebbe comunque un voto finale sull'intero articolo 2. E qui potrebbero esserci sorprese, a meno che il governo non decida di mettere la fiducia, possibile anche solo su un articolo.

Calderoli: Renzi non ha i numeri per approvare le riforme
«Renzi ha problemi evidenti con l'aritmetica. I numeri per approvare la riforma del Senato non ci sono, lo capirebbe anche un bambino della prima elementare», ha attaccato però il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli (Lega) a Radio 24. «Se Renzi avesse i numeri non farebbe la trattativa con la minoranza interna del Pd. In commissione - ha aggiunto Calderoli - al momento Renzi è sotto di 3-4 commissari, può darsi che in aula vada in modo diverso. Ma nelle ultime votazioni i provvedimenti passano con poco più di 140 voti, quindi un malessere nella maggioranza c'è». Calderoli oggi presenterà una proposta che in sostanza prevede un Senato con 21 membri eletti dai consigli regionali e 74 dai cittadini, oltre ai senatori a vita.

Napolitano: intesa se non si riaprono scelte su Senato
«Non vedo possibile un'intesa» al di fuori del percorso indicato dalla presidente Anna Finocchiaro «sopratutto se si vuole riaprire la scelta di un Senato che rappresenti le istituzioni territoriali» ha detto Giorgio Napolitano parlando con i cronisti al Senato, bocciando di fatto l’ipotesi di modifiche all’articolo 2 sul sistema di elezione dei senatori (la minoranza Pd vuole l’elezione diretta).

Alfano: Italicum va corretto, ma senza fare ricatti
Cresce però nel frattempo il pressing dei centristi per cambiare l'Italicum. «L'abbiamo voluto e votato, ma secondo noi è un momento buono per poter correggere il sistema del premio alla lista che vince (in cambio di un premio alla coalizione, ndr), ma senza alcun ricatto» ha assicurato il ministro dell'Interno, Angelino Alfano ai microfoni di Rtl 102.5 sottolineando che «le riforme hanno un valore in sé che non può essere trascurato». Un’ipotesi esclusa da Renzi. Ma Ncd non molla. «Presentato disegno di legge Italicum con premio a coalizione. Nelle prossime ore lo invierò a tutti i componenti Senato per sottoscrizione» ha annunciato su twitter il senatore Gaetano Quagliariello, coordinatore nazionale di Ncd.

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