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motori ed emissioni inquinanti

E se il «dieselgate» fosse solo la punta di un iceberg? Le falle nel sistema di omologazione europeo

E se il «dieselgate» che ha travolto il Gruppo Volkswagen - colpevole di aver manipolato i test sulle emissioni di un motore che equipaggia oltre 11 milioni di vetture - fosse solo la punta di un iceberg? Se fosse, cioè, un “incidente” capace di accendere i riflettori su un sistema di controlli e certificazioni non adatto allo scopo per cui è stato pensato? 

Secondo la «European federation for Transport and Environment», ente non-profit e indipendente dalla politica, fondato nel 1990, che rappresenta oltre 50 organizzazioni ambientaliste europee, lo scandalo Vw dimostra proprio che il sistema con cui in Europa vengono certificati i livelli di emissioni dei nuovi motori non è adatto allo scopo.

Emissioni reali superiori del 30% rispetto ai dati omologati
Basandosi su accurati test eseguiti in laboratorio e su strada nel corso del 2013, quindi in tempi non sospetti, l’ente ha dimostrato che le emissioni “reali” dei motori oggi in commercio sono superiori, mediamente, del 30% rispetto ai valori dichiarati dai costruttori per l’omologazione in Europa. Un gap in crescita - nel 2001 il divario era pari all’8% - e destinato ad aumentare fino al 50% nel 2020, se non vi saranno interventi da parte delle autorità.

Negli Stati Uniti controlli più indipendenti
Come è possibile che le nostre auto (tutte, non solo i modelli Volkswagen), una volta testate su strada, consumino e inquinino mediamente il 30% in più rispetto ai valori dichiarati in fase di omologazione per il mercato europeo. In un’analisi sul «dieselgate», l’ente spiega che «il sistema europeo di test è molto meno indipendente rispetto a quello in uso negli Stati Uniti». Il motivo? Negli Usa, le autorità statunitensi non si accontentano dei dati forniti dai produttori, ma rieseguono i test in modo random presso i propri laboratori. Di fatto, circa il 10-15% dei nuovi modelli viene testato anche dalle autorità Usa.

Il conflitto di interessi del sistema di controlli europeo
«In Europa, invece, le case automobilistiche pagano società di test certificate, per eseguire prove nei laboratori delle stesse case automobilistiche. I test - spiegano i tecnici della «European federation for Transport and Environment» - sono condotti sotto la sorveglianza delle autorità di omologazione nazionale». Tutto regolare, dunque. Non del tutto. «Le case automobilistiche trattano direttamente con le agenzie di certificazione, pagando direttamente per i servizi offerti». Un sistema in cui è facile generare un conflitto di interesse, dal momento che «dal lavoro dell’ingegnere che conduce il test, dipende anche il prossimo contratto che la casa automobilistica affiderà all’ente certificatore per cui l’ingegnere lavora». La «European federation for Transport and Environment» ha anche stilato l’elenco dei trucchi più utilizzati dai produttori per alterare i test su consumi ed emissioni.

Omologazioni valide d’ufficio in tutta Europa
Secondo l’attuale normativa (Direttiva Quadro 2007/46 dell'Unione Europea), le certificazioni per le omologazioni dei veicoli - incluse le verifiche sulle emissioni inquinanti - rilasciate in un paese membro sono automaticamente valide in tutti gli Stati Membri. In pratica ogni paese dell'Ue non può negare una immatricolazione a un qualsiasi tipo di veicolo e marca che abbia un certificato valido rilasciato da un qualsiasi paese comunitario, senza ulteriori controlli preventivi. Ogni Stato della Comunità Europea rilascia i certificati di omologazione sulla base delle verifiche condotte sulle diverse tipologie di veicoli di ciascun costruttore, avvalendosi di enti terzi. Nel caso della Germania, il soggetto più importante che rilascia la maggior parte delle certificazioni è il Kna, Kraftfahrt-Bundesamt.

Serve un’autorità di omologazione Ue indipendente
La soluzione passerebbe dalla creazione di un’autorità di omologazione Ue veramente indipendente, da finanziare - secondo la proposta stilata dalla federazione ambientalista europea - con una tassa di 20 euro per ogni veicolo venduto. Oltre che sul piano etico e tecnico-procedurale, non mancherebbero benefici sui fronti della salute e delle finanze pubbliche: solo l’anno scorso, in Europa, oltre 500mila persone sono morte prematuramente a causa dell’inquinamento atmosferico, con un costo sociale calcolato in quasi 1.000 miliardi di euro.

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