Quella che segue è la presentazione del libro “Senza padrini” di Filippo Astone, editato nella Collana Ora Legale e da oggi per una settimana in edicola con il Sole-24 Ore. Sarà poi possibile, come tutti i 20 volumi, acquistarlo su www.ilsole24ore.com/oralegale
Un titolo, dice una vecchia regola giornalistica, contiene la notizia. Un buon titolo riassume anche una situazione, un clima, un'atmosfera. Senza padrini, il titolo del volume che pubblichiamo in Collana, è senza dubbio un buon titolo che raccoglie al suo interno un percorso lungo almeno 19 anni.
Già, perché il cammino che ha portato gli industriali a smarcarsi dall'ombra delle mafie (anche a rischio della propria vita o, peggio ancora, della delegittimazione in vita) per abbracciare a pieno titolo legalità, diritti, libero mercato e concorrenza leale, è partito da lontano. Da molto lontano.
A ricordare come gli industriali di Caltanissetta prima, quelli siciliani poi e infine gli imprenditori di tutta Italia, giunsero non solo all'approvazione di un rigoroso Codice etico ma ad una rivoluzione negli usi e nei costumi nell'impresa, fu chi si mise alla testa di una squadra che cambiò corso alle cose. Antonello Montante, attuale presidente di Confindustria Sicilia e delegato nazionale di Confindustria per la Legalità e per i rapporti con le istituzioni preposte al controllo del territorio, spiegò così in Commissione parlamentare antimafia, il 16 marzo 2010, l'origine di una svolta: «…senza la presidente Marcegaglia tutto questo non si sarebbe assolutamente potuto ottenere. Ricordo un fatto molto importante: questo progetto parte nel lontano 1996-1997, quando la presidente Marcegaglia era presidente nazionale dei Giovani industriali. Uscivamo da Tangentopoli e le imprese erano tutte scosse dal tormentone, soprattutto le aziende del Nord. Ebbene, fu proprio la presidente Marcegaglia a sollevare il problema del rapporto tra legalità e sviluppo nella convention dei Giovani industriali di Capri: i nostri colleghi tremavano, lo ricordo benissimo. Ma ci inventammo dell'altro: su incarico della Presidente, invitai i magistrati, che allora erano in prima linea, del pool di Milano e della procura di Palermo. Non è necessario citare i nomi; ricordate tutti chi c'era in quegli anni. Vennero tutti a Capri. Pensate: i figli degli imprenditori che avevano avuto problemi si incontrarono con i magistrati che gli avevano creato quei problemi. E' stato un momento importante. Quei magistrati riuscirono anche a conquistarsi gli applausi. Da allora, quegli stessi magistrati ci seguono oggi in questo progetto ambizioso».
Ed è esattamente così: non c'è passo che, da quando gli industriali decisero di imprimere dalla vacanziera Capri un cambio di rotta, non sia stato compiuto con lo Stato e le Istituzioni. Le svolte epocali ai quali la Sicilia prima e l'intera nazione hanno assistito e che vanno dunque oltre gli uomini che l'hanno guidata, sono state il cambio alla guida degli industriali nisseni (che diede fuoco alla lunga miccia del cambiamento), la parola contro l'omertà (vale a dire ciò che più temono le mafie), i protocolli di legalità, la “comunione” con le Istituzioni, il codice etico, la costituzione di parte civile nei processi di mafia, la riforma dei consorzi industriali siciliani, il rating di legalità e, infine, la volontà di mettere ordine nei beni sequestrati e confiscati alle mafie.
Il libro, che racconta l'origine e l'evoluzione di questo cammino di libertà non ancora concluso, è del 2011 e già molte erano le cose portare a termine dagli imprenditori, a cominciare da quel Codice etico che prevede sì l'espulsione per chi non fa della legalità una ragione di vita ma, ancor prima, contempla un'etica d'impresa che, soprattutto in Sicilia, non era facile costruire e insegnare al resto d'Italia. Quando, a partire dal 1996, iniziò il cammino, molti infatti, anche nello Stato, continuavano a negare la parola “mafia”. Pensare che già c'era stata la maxi sentenza contro Cosa nostra e le stragi del '92 che avrebbero dovuto aprire gli occhi a tutti.
© Riproduzione riservata