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Pechino prepara l'ingresso in Poste Italiane

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INVESTIMENTI IN ITALIA

Pechino prepara l'ingresso in Poste Italiane

Roma - Pechino si prepara a entrare nel capitale di Poste Italiane in occasione dell'Ipo che dovrebbe prendere il via il prossimo 12 ottobre. Un fondo sovrano cinese, forse China Investment Corporation o People's Bank of China (presente quest'ultima nel capitale di molte società italiane, come Eni ed Enel), è pronto a rilevare una quota, tra il 2 e il 5%, della società dei recapiti. L'interesse è stato espresso in occasione degli incontri che il management della società e le banche del consorzio di collocamento (Banca Imi, BofA Merrill Lynch, Citigroup, Mediobanca, UniCredit i global coordinator; UniCredit e Imi i responsabili del collocamento, Mediobanca lo sponsor. Rothschild è advisor finanziario di Poste Italiane, Lazard è advisor finanziario del Mef) hanno avuto negli ultimi mesi con gli investitori, in particolare quello che si è tenuto a New York lo scorso 14 settembre. La motivazione del fondo cinese sarebbe più elevata rispetto all'apprezzamento manifestato da fondi sovrani di altri Paesi (arabi o nordeuropei) anche in considerazione della crisi che sta attraversando ora la Cina. L'esplosione della bolla speculativa sul mercato mobiliare locale sta spingendo i capitali cinesi fuori dai confini nazionali alla ricerca di rendimenti interessanti e di lungo periodo. Questa logica guida anche i fondi sovrani del paese. La liquidità da investire in questo momento è abbondante e gli investitori sono alla ricerca di asset affidabili e redditizi. La privatizzazione di Poste Italiane, con il suo valore simbolico anche in termini di capacità dell'Italia di mantenere gli impegni e di avviarsi verso una crescita stabile, costituisce uno degli obiettivi privilegiati sia per i fondi sovrani che per i fondi long term, soprattutto i grandi fondi pensione americani. Ma a una condizione: che la politica dei dividendi sia convincente. In quali termini? Deve avere quelle caratteristiche di sicurezza e redditività che, ad esempio, può esprimere un business regolato come il settore delle utility. Dunque, una cedola stabile e un dividend yield (ovvero il rapporto tra il dividendo per azione e il prezzo dell'azione) che sia nel range del 3-5 per cento.

Poste Italiane alzerà il velo sulla remunerazione che intende garantire agli azionisti per il prossimo quinquennio nel prospetto informativo. Nelle prossime due settimane sarà serrato il confronto con l'azionista ministero dell'Economia per definire la politica dei dividendi. Questa, però, dovrà tenere conto delle esigenze di investimento nell'automazione dei recapiti, nella logistica e nelle infrastrutture di It. Ma anche del processo di riduzione dell'organico che la società avvierà dopo la quotazione e che richiederà accantonamenti di risorse per finanziare gli esodi. Il pay-out, ovvero la quota di utile che verrà distribuita, sarà dunque inferiore o al massimo pari al 40 per cento. La scelta finale si conoscerà soltanto tra una decina di giorni: la dividend policy verrà indicata nel prospetto informativo, che verrà dunque integrato a breve, e la cui pubblicazione è attesa per il prossimo 10 ottobre. Venerdì, nel frattempo, si è tenuto a Londra l'ultimo appuntamento con gli investitori istituzionali. D'ora in avanti e fino al 12 ottobre la società entra in una fase di silenzio. Lunedì, infatti, verranno pubblicate dagli analisti delle banche del consorzio di collocamento le ricerche che consentiranno di fissare le prime valutazioni della società, facendo scattare la cosiddetta fase di pre-marketing che durerà per tutta la settimana.

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