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La ricetta Ue per l’Italia: meno tasse sul lavoro, più…

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il rapporto della commissione sul fisco

La ricetta Ue per l’Italia: meno tasse sul lavoro, più imposte sulla casa

L'Italia dovrebbe ridurre la pressione fiscale sul lavoro e spostare il carico sui consumi, sugli immobili e sulle donazioni. La ricetta fiscale per il nostro Paese è contenuta nel capitolo dedicato alla tassazione sul lavoro del rapporto 2015 “Riforme fiscali negli Stati membri dell'Ue”, redatto dalle direzioni generali Affari economici e Fiscalità della Commissione europea. Secondo lo studio, diffuso oggi, l'aliquota fiscale implicita sul lavoro in Italia nel 2012 era del 42,8%, il livello più alto in Europa insieme al Belgio e decisamente più elevato rispetto alla media della Ue (36,1%) e dell'area euro (38,5%).

Cuneo fiscale sul salario medio più elevato rispetto alla meadia Ue
Nel 2014, invece, il cuneo fiscale sul salario medio era del 48,2%, contro il 43,4% della media Ue e il 46,5% dell'eurozona. Secondo il rapporto - che tiene conto anche del tasso di occupazione complessivo: per l'Italia nel 2014 era del 59,9%, inferiore al 70,9% dell'Ue e al 69,6% dell'area euro - uno Stato membro ha «una potenziale necessità di ridurre l'onere fiscale complessivo sul lavoro», se l'aliquota fiscale implicita sul lavoro o se il cuneo fiscale sul salario medio sono relativamente elevati rispetto alla media europea. Cosa che, secondo l'esecutivo Ue, vale per l'Italia come anche per Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Ungheria e Finlandia.

In Italia casa bene «sotto tassato» rispetto ad altri investimenti
Ma come tradurre in pratica le osservazioni dell'Esecutivo comunitario? Per Bruxelles, il legislatore italiano dovrebbe intervenire in particolare sul «generoso sistema di alleggerimento fiscale e di esenzioni». Che, «dato il basso livello della tassazione periodica sulla proprietà, rende l'occupazione della casa da parte del proprietario sotto tassato rispetto ad altri investimenti privati». La Commissione riconosce che promuovere la casa di proprietà «può essere considerato un importante obiettivo politico, ma non è improbabile che sgravi fiscali concessi a tale scopo potranno invece provocare aumenti dei prezzi particolarmente quando l'offerta è rigida, rendendo alla fine più difficile per le persone diventare proprietari di casa, specialmente i giovani e le famiglie meno abbienti».

Le imposte sugli immobili hanno limitati effetti negativi sulla crescita
Lo studio si sofferma poi sul contributo della tassazione sulla proprietà immobiliare sul gettito degli Stati membri, che si mantiene su livelli moderati. Nel 2012 era infatti equivalente al 2,3% del Pil, e circa un terzo di questo tipo di entrate proveniva dalle tasse sulle transazioni sulla proprietà. Secondo la Commissione Ue, la tassazione della proprietà immobiliare «ha effetti negativi veramente limitati sulla crescita rispetto alla tassazione del reddito per cui riportare la base fiscale in linea con i valori di mercato non comporterà solo un aumento delle entrate ma correggerà anche le distorsioni e gli attuali effetti non equi permettendo che le entrate riflettano l'attuale valore delle proprietà».

Gettito Iva Italia troppo al di sotto la media Ue: 36,8% contro il 48,1%
Altro fronte di intervento suggerito da Bruxelles all’Italia - ma anche a Grecia, Spagna, Polonia e Regno Unito - riguarda il gettito Iva, che in questi paesi risulta «significativamente al di sotto» della media Ue. In particolare nel 2014 il tasso del dettito Iva dell’Italia risulta pari al 36,8%, contro il 48,1% della media Ue e il 48% dell'eurozona. «Un valore basso del rapporto - spiega il rapporto - suggerisce che le esenzioni, le aliquote ridotte o l'evasione fiscale hanno un effetto significativo sulle entrate dell'Iva». L'utilizzo di aliquote ridotte e di esenzioni «restringe notevolmente la base imponibile Iva in molti Stati membri e il gettito è quindi di gran lunga inferiore al livello che potrebbe teoricamente essere raccolto se tutti i consumi fossero tassati con un'aliquota standard». Per questo limitare l'uso di aliquote ridotte e di esenzioni «può contribuire a evitare distorsioni economiche, ridurre i costi per il rispetto delle norme e aumentare le entrate fiscali».

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