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Riforme, scatta la tagliola di Grasso sull’ostruzionismo leghista

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DDL BOSCHI

Riforme, scatta la tagliola di Grasso sull’ostruzionismo leghista

Questa mattina si è aperta la scena dell'Aula del Senato sulla riforma costituzionale. E il primo colpo a effetto non si è lasciato attendere. Il presidente del Senato Pietro Grasso ha dichiarato irricevibili i 75 milioni di emendamenti presentati dal leghista Roberto Calderoli. Mille sono però le incognite che gravano sul Ddl Boschi tanto da rendere l'esame di questo provvedimento più simile a una partita a scacchi tra più giocatori che al semplice via libera parlamentare ad una riforma per quanto di rango costituzionale. Di qui al 13 ottobre, termine entro il quale la riforma dovrebbe essere approvata per evitare di insabbiarsi in concomitanza con la sessione di bilancio, i sostenitori della riforma dovranno affrontare una considerevole quantità di nodi: dall'ostruzionismo leghista alle rivendicazioni della minoranza Pd sul metodo di elezione dei senatori ai maldipancia di Ncd legati all'Italicum, all'incognità della strategia del presidente del Senato Grasso, in qualità di “arbitro” della partita.
Intanto il premier Matteo Renzi dagli Usa ha detto la sua in un’intervista a Bloomberg tv, registrata a margine dei lavori dell’assemblea generale dell’Onu: «Sia che Berlusconi decida di votare la riforma, sia che decida di non votarla per me non cambia nulla - spiega il presidente del Consiglio -. Il governo ha una buona maggioranza». «Berlusconi all’inizio ha deciso di sostenere la riforma perché tagliava i costi del Parlamento e semplificava il processo legislativo - continua Renzi - poi ha cambiato idea. Penso che in Senato Berlusconi, o meglio il suo partito, non voterà la riforma ma è molto difficile fare previsioni su Berlusconi», aggiunge Renzi.

La tabella di marcia
In mattinata i senatori hanno illustrato in Aula gli emendamenti presentati da ciascun gruppo in tempi piuttosto brevi. Alcuni gruppi - come il M5S - hanno addirittura rinunciato all’illustrazione in polemica con la “ghigliottina” sfoderata da Grasso. Da domani invece inizia la maratona delle votazioni (anche segrete) e l'obiettivo dei sostenitori della riforma è quello di portare a casa il via libera finale il 13 ottobre, come previsto dal calendario. Andare oltre questa data sarebbe infatti rischiosissimo: dal 15 ottobre inizia la sessione di bilancio e tutti gli altri provvedimenti dovranno cedere il passo alla legge di stabilità. A quel punto la riforma costituzionale slitterebbe tanto da rendere impossibile il referendum nel 2016, appuntamento cardine nella strategia politica del premier Matteo Renzi.

L’incognita Grasso
Nella partita che è iniziata oggi in Aula un ruolo di prim’ordine ha l’”arbitro”, il presidente del Senato Pietro Grasso. Che ha già dichiarato irricevibili la gran parte degli emendamenti ostruzionistici della Lega. Esaminare «l'abnorme numero» di modifiche, secondo Grasso, potrebbe «bloccare i lavori parlamentari per un tempo incalcolabile». Restano tuttavia sul tavolo 383.500 emendamenti sulla cui ammissabilità si valuterà «articolo per articolo» di cui 3.500 in formato cartaceo. A Grasso toccherà ancora stabilire se è possibile modificare l’intero articolo 2 (sul metodo di elezione dei senatori) o se ci si deve limitare a correggere il comma 5 del ddl di riforma. Non è un dettaglio: se Grasso aprirà alla possibilità di emendare l’intero articolo, per l’opposizione sarà gioco facile presentare una coltre di correzioni per ostacolare l’elezione indiretta dei senatori fortemente voluta da Renzi. Se invece il presidente del Senato dirà che si può intervenire solo sul comma 5, la maggioranza potrà tirare un respiro di sollievo e mandare avanti l’accordo raggiunto tra maggioranza e minoreanza interne al Pd.

L’ostruzionismo leghista
Degli 85 milioni di emendamenti presentati dal leghista Roberto Calderoli, ne rimangono in campo circa 500mila. Ancora tanti. Di queste modifiche, però, solo 250 (circa) sono state presentate in copia cartacea e firmata e riguardano i soli articoli della riforma 116, 117 e 118, cioè l’articolo V della riforma, quello sulla divisione delle competenze tra Stato e Regioni. Lo stesso Grasso ha invitato Calderoli a scegliere quali emendamenti lasciare sul campo e quali ritirare. Durissimo è stato il commento del leader leghista Matteo Salvini:
«Il presidente Grasso si dovrebbe vergognare per il suo atteggiamento, ma non ci spaventano né lui ne Renzi».

Minoranza Pd in agguato
Nonostante l’accordo siglato nell’ultima direzione Pd, la minoranza del partito non sembra del tutto intenzionata a deporre le armi contro la riforma. L’obiettivo sembra adesso essere quello di inserire le norme per l’elezione dei senatori non in una legge ordinaria post riforma ma nelle norme transitorie del Ddl Boschi.

Anche Ncd punta i piedi
In questo quadro, anche Ncd punta i piedi. Sul piatto non ci sono modifiche alla riforma costituzionale ma malumori nei confronti dell’Italicum. Nel mirino il premio alla lista (e non alla coalizione) che rischia di indebolire il partito in vista delle prossime politiche. La strategia è dunque quella di dire sì alla riforma pretendendo in cambio la revisione dell’Italicum.

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