Sono stati aggiornati a venerdì mattina a Palazzo Madama i lavori con l'esame del ddl sulle riforme costituzionali. Il Senato voterà gli emendamenti all'articolo 2 (sulle modalità di elezione dei futuri senatori) tra i quali spicca uno di Anna Finocchiaro che recepisce gli accordi di maggioranza. Prima di tale emendamento ne verranno posti al voto circa 40, sei dei quali a scrutinio segreto. Oggi in tarda mattinata, dopo una seduta agitata dalle proteste vigorose delle opposizioni, è stato approvato l’emendamento “canguro” presentato dal dem Roberto Cociancich all’articolo 1 sulle funzioni del Senato, che recepisce l’intesa nella maggioranza, decreta la restituzione al futuro Senato dei compiti che gli erano stati sottratti nel passaggio alla Camera e soprattutto spazza via tutte le proposte di modifica presentate all’articolo 1 dalle opposizioni, come confermato in Aula dal presidente Pietro Grasso. Risultato: il primo articolo del ddl è passato con 172 sì, 108 contrari e 3 astenuti.

Prossimi sei voti segreti su minoranze linguiste
Sono sei ora le proposte di modifica all'articolo 2 del ddl Riforme sulle quali pende la richiesta di votazione segreta. Sono tutte, si apprende, presentate dalla Lega Nord tranne una a firma Sel e puntano ad introdurre nel testo norme a tutela delle minoranze linguistiche. Ma c'è un emendamento al ddl Boschi per il quale è stato chiesto il voto segreto che in queste ore sta facendo “tremare” il Pd. Si tratta della proposta di modifica firmata dal senatore della Lega Candiani che ripristina di fatto l'elezione diretta dei senatori, sfruttando la questione delle minoranze linuistiche. Se questo emendamento passasse, insomma, il 5 comma dell'articolo 2 reciterebbe: «La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali contestualmente ai quali sono stati eletti con suffragio universale tenendo conto della rappresentanza delle minoranze linguistiche tra coloro i quali sono stati eletti».

Grasso: depotenzia voti segreti, opposizione insorge
Votazioni segrete sull'articolo 2 “depotenziate”. Di fatto, è questo l'effetto che produce la decisione assunta dal presidente Pietro Grasso che, ad inizio seduta, ha annunciato l'inammissibilita' a votazione segreta - salvo riformulazione - di tre dei sei emendamenti sui quali lo scrutinio segreto era stato concesso (due della Lega e uno di Sel), aggiungendo che due emendamenti della Lega, invece - sempre ammessi a votazione segreta - saranno sottoposti a scrutinio non palese per parti separate, e precisamente solo la parte che riguarda la tutela delle minoranze linguistiche. Si tratta di emendamenti che mirano a reintrodurre l'elezione diretta dei senatori.

Boschi: nessun emendamento governo su articolo 2
Nonostante i rischi del voto segreto, Palazzo Chigi spiega che non ci sarà nessun emendamento del governo all'articolo 2. «No, non c'è nessun emendamento del governo» sull'articolo 2 del ddl riforme, ha chiarito la ministra Maria Elena Boschi, ai giornalisti che le chiedevano se il governo presenterà un emendamento all'articolo 2 per evitare le votazioni segrete. L'iniziale ipotesi di presentare un emendamento del governo sull'articolo 2 con effetto “canguro”, così da far decadere tutti gli altri emendamenti e, in particolare, evitare le sei votazioni segrete già ammesse, è stata alla fine scartata - al termine di una lunga riunione al Senato, presenti sa il governo che la maggioranza che sostiene l'esecutivo - perché considerata troppo rischiosa.

Secondo quanto si apprende da fonti di maggioranza, infatti, l'emendamento del governo avrebbe riaperto i termini per la presentazione di subemendamenti. Il che, viene ancora spiegato, avrebbe non solo allungato i tempi. Non solo, l'intervento del governo avrebbe potuto surriscaldare ulteriormente il clima, non tanto con l'opposizione ma quanto con al minoranza Pd, con la quale governo e maggioranza stanno cercando la quadra sull'articolo 21, relativo all'elezione del Capo dello Stato, e sull'articolo 38, norma transitoria che disciplina le modalità di elezione dei senatori, strettamente connesso con l'articolo 2.

Spunta “Cociancich bis” che riscrive art. 21 (elezione capo Stato)
Il senatore Pd Roberto Cociancich ha invece scritto anche un secondo emendamento “canguro” all'art.21 del ddl Boschi. Una proposta di modifica (la 21.200) che, riscrivendo l'articolo che riguarda l'elezione del capo dello Stato, farebbe decadere tutti gli altri emendamenti. «E' un altro emendamento canguro», ha denunciato Loredana De Petris. E la minoranza Pd è in fermento. L'emendamento “Cociancich bis” all'art.21 del ddl Boschi «non è condivisibile neanche come base di discussione» e «c'è da augurarsi che venga ritirato». A dirlo è il senatore della minoranza dem Vannino Chiti. E non a caso il governo ha preso subito le distanze dall’emendamento.

Aumentano a 177 i voti della maggioranza
Il voto sull’emendamento Cociancich ha rassicurato la maggioranza: i sì sono stati 177, i no 57, gli astenuti 2. A favore hanno dunque votato sei senatori in più rispetto a ieri, quando la pattuglia della maggioranza era di “soli” 171. In dissenso dal Pd, come ieri, hanno votato contro i senatori dem Corradino Mineo e Walter Tocci e non ha votato (scelta che a Palazzo Madama vale come voto contrario) Felice Casson.

Renzi a suoi: passaggio più difficile superato
Con la vittoria sull'articolo uno e l'accordo sull'art. 2 comma 5 il passaggio più difficile - quello che più preoccupava il governo sugli articoli 29 e 32 - è stato brillantemente superato e si fa un grande passo avanti. Lo ha spiegato, secondo quanto si apprende, Matteo Renzi ai suoi.

M5S e Lega non hanno partecipato al voto
La tensione in Aula è salita stamattina durante le dichiarazioni di voto sull’emendamento Cociancich. «Si è registrato uno strappo gravissimo e quindi ci asterremo al voto», ha annunciato il senatore M5s, Giovanni Endrizzi, a nome del suo gruppo. «Anche noi non parteciperemo», ha detto Gian Marco Centinaio della Lega. «Noi questo emendamento lo voteremo, anche se siamo all’opposizione», ha invece affermato Lucio Barani, capogruppo dei verdiniani, scatenando urla e polemiche, con la Lega che ha sventolato banconote all’indirizzo dei senatori di Ala. In soccorso al Pd anche qualche ex M5S e gli ex Fi Sandro Bondi e Manuela Repetti.

Stop di Grasso a tentativo di blitz del M5S
Il senatore pentastellato Vito Crimi, subito dopo l’approvazione dell’emendamento canguro, ha chiesto di poterne presentare uno nuovo, appellandosi all’articolo 100 del regolamento che ammette la presentazione di nuove proposte, firmate da almeno 8 senatori, che siano «in correlazione con emendamenti già approvati». Ma Grasso ha rifiutato, sottolineando che l’emendamento è uguale a un emendamento già dichiarato precluso. «Forzature ne ha fatte tante», ha replicato Crimi. «Questa è una violazione del regolamento e dei diritti delle opposizioni».

Attesa per i voti sull’articolo 2
Superato il primo scoglio, gli occhi sono adesso puntati sull’articolo 2 che ieri è stato blindato da Grasso: il presidente del Senato ha ammesso soltanto gli emendamenti al comma 5, l’unico che era stato lievemente modificato dalla Camera. L’accordo tra la maggioranza e la minoranza del Pd, messo nero su bianco in un emendamento firmato dalla relatrice Anna Finocchiaro, prevede l’inserimento nel comma del principio della «scelta» da parte dei cittadini dei futuri senatori che andrà soltanto ratificata dai Consigli regionali. I voti segreti saranno 6.

Opposizioni sulle barricate
Intanto le opposizioni di Lega, Sel, M5S, Gal e Conservatori e Riformisti hanno chiesto in Aula la convocazione della Giunta del regolamento per dirimere le questioni poste sull’ammissibilità delle proposte di modifica. «Credo che lei abbia uno strumento a sua disposizione per valutare la ricevibilità e l’ammissibilità, che sono certamente una sua potestà», ha detto il leghista Roberto Calderoli a Grasso. «Si chiama Giunta per il regolamento che lei può consultare», ha detto Roberto Calderoli.

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