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emissioni truccate

Caso Volkswagen, la Commissione Ue apre un tavolo tecnico: in arrivo stretta sui test delle emissioni

La riunione era in calendario da tempo, ma l’agenda ha dovuto essere aggiornata per forza: martedì prossimo il «Comitato tecnico autoveicoli» (TCMV) della Dg Mercato interno e Industria della Commissione europea affronterà come primo punto all’ordine del giorno il “caso Volkswagen” per «uno scambio di vedute e richieste di informazioni dagli Stati membri». E non è detto che nei guai non finiscano anche i motori Euro6 che per ora non sono stati toccati dallo scandalo delle emissioni truccate.

Alla luce delle vicende che hanno travolto la Volkswagen nelle scorse settimane, con ripercussioni su tutto il settore auto europeo, è molto probabile che il comitato tecnico, in cui sono rappresentati la Commissione e tutti gli Stati membri più la Norvegia, imprima per quanto possibile un’accelerazione alla tabella di marcia verso l’introduzione del RDE, sigla che sta per «real driving emission», il nuovo test messo a punto dagli ingegneri del Centro di ricerca della Commissione europea di Ispra (JRC) per verificare le emissioni dei motori non in laboratorio come avviene oggi con il test WLTP , ma in “normali” condizioni di guida.

All’ordine del giorno del Comitato, infatti, c’è anche la «discussione sugli ulteriori sviluppi della legislazione» per introdurre il nuovo test. A maggio era stato deciso di adottare entro la fine di quest’anno il «secondo pacchetto RDE» che definisce i «requisiti quantitativi» dei controlli. Cioè i nuovi limiti. All’inizio del 2016 è prevista l’adozione del test e dei requisiti quantitativi per l’emissioni di polveri sottili e, per la fine del 2016, l’omologazione del RDE.

Il nuovo test su strada è frutto di un lungo percorso la cui prima tappa è uno studio del 2011, chiesto dalla Commissione europea al JRC, da cui era emerso che il comportamento ambientale di quasi tutti i motori sottoposti ad un test in mobilità era molto diverso da quello verificato in laboratorio: le emissioni nocive erano molto più alte di quelle verificate con il vecchio test. Lo studio nasceva dall’esigenza di individuare le cause dell’inquinamento nelle città che restava elevato nonostante l’introduzione di limiti più severi per le autovetture. Perciò gli ingegneri cominciarono a lavorare su un modello di test “portatile”, da effettuare su strada “in mobilità”. Nel 2013 il JRC ha pubblicato un secondo studio sulla realizzabilità tecnica dei controlli in mobilità. In quell’occasione è stato testato anche un motore Euro6 ed il risultato non poteva che essere analogo a quelli effettuati sugli Euro5 oggi nell’occhio del ciclone.

Da almeno cinque anni, dunque, l’organismo di ricerca della Commissione europea lavora per risolvere un problema di cui tutti sapevano ma nessuno parlava. Fino a quando non è deflagrato con i controlli delle autorità statunitensi sui modelli Volkswagen e le ammissioni della casa tedesca. È vero, come ha sottolineato più volte la Commissione, che nel caso della Volkswagen si tratta di un comportamento fraudolento di cui finora non sono accusate altre case automobilistiche. Ma non è certo rassicurante per nessuno sapere che da anni le emissioni reali delle auto (in particolare gli ossidi di azoto dei motori diesel) sono molto superiori ai limiti ma nonostante ciò siano “legali” perché la verifica avviene in laboratorio in condizioni irrealistiche.

Tuttavia, al di la delle prevedibili anche se non giustificabili resistenze degli Stati membri, c’è da dire che creare da zero uno strumento in grado di testare le emissioni su strada (dove il risultato dipende da infinite variabili, dalle condizioni climatiche alle tecniche di guida, dalle pendenze al fondo stradale) è un obiettivo molto complesso. Ben diverso da un test in laboratorio, dove “tutte le vacche sono nere” per definizione.

@chigiu

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