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Il sì all’articolo 2 giro di boa per la riforma e la legislatura

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L’ANALISI

Il sì all’articolo 2 giro di boa per la riforma e la legislatura

Con l’approvazione da parte del Senato dell’insidiosissimo articolo 2, la riforma costituzionale a cui Matteo Renzi ha politicamente legato il proseguimento della sua esperienza di governo supera il vero giro di boa e si avvia verso una navigazione relativamente tranquilla entro il termine prefissato del 13 ottobre.

Con l’aiuto del presidente Pietro Grasso, va detto, che adottando il principio della doppia copia conforme sostenuto dalla maggioranza ha di fatto «blindato» l’articolo sulla composizione del futuro Senato e sulle modalità di elezione dei suoi membri. I nemici dell’abolizione del Senato elettivo, non solo molti senatori ma anche, comprensibilmente, la struttura e gli apparati di Palazzo Madama, ne escono perdenti. Perché il prossimo passaggio alla Camera del Ddl Boschi avverrà senza problemi, visti i numeri preponderanti della maggioranza, e la successiva doppia lettura dopo tre mesi consisterà in un sì o un no all’intero provvedimento, senza possibilità di ulteriori modifiche.

E questa è la prima vittoria di Renzi: perché, nonostante il compromesso con la minoranza del Pd sulla “scelta” dei senatori da parte dei cittadini nell’ambito delle elezioni regionali,agli articoli 1 e 2 si disegna con chiarezza un Senato che «rappresenta le istituzioni regionali» di fronte a una Camera che è la sola «titolare del rapporto di fiducia con il governo» e si stabilisce con altrettanta chiarezza che i futuri senatori saranno «eletti» dai Consigli regionali tra i propri membri. Il bicameralismo perfetto è superato dopo quasi 70 anni, il Senato diventa un organo eletto giuridicamente in secondo grado (anche se politicamente la “scelta” è degli elettori) e soprattutto i consiglieri-senatori non percepiranno indennità propria essendo già pagati dalle Regioni. Bingo per Renzi, che potrà spendere gli argomenti “giusti” nella campagna per il referendum confermativo dell’autunno 2016.

Un referendum che sarà, come più di una volta ha sottolineato il premier, «la chiave di volta della legislatura». Riformatori da una parte, conservatori dall’altra (e in proposito Angelino Alfano, con il suo Ncd, avrà qualche difficoltà a stare con Renzi sul referendum e con il “conservatore” Silvio Berlusconi alle comunali nelle grandi città in cui si voterà sempre nel 2016). E qui siamo alla seconda e più importante vittoria di Renzi. L’aver imposto, è il caso di dirlo, la svolta sulla legge elettorale e sull’abolizione del Senato elettivo sblocca l’impasse creatasi dopo la sentenza della Consulta che ha cancellato il Porcellum lasciando sul campo un proporzionale quasi puro. Il sistema politico ridiventa agibile, e ciò significa che si potrà anche tornare alle urne. Nell’estate del 2016 il maggioritario Italicum, valido per la sola Camera, entrerà pienamente in vigore, e con il referendum di qualche mese dopo che supererà il Senato elettivo Renzi avrà di fatto in mano le chiavi della legislatura. E il Parlamento, soprattutto un Senato alle sue ultime battute, non ha e non avrà nessuna voglia di farsi sciogliere. Anche perché, fattore molto importante soprattutto in riferimento ai senatori, il diritto alla pensione scatta dopo 4 anni e mezzo di legislatura: a 65 anni per chi è alla prima, a 60 anni per chi è alla seconda o oltre. È prevedibile che il Parlamento si mostrerà sempre più docile man mano che si avvicinerà quella scadenza.

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