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Riforme, la maggioranza supera indenne il secondo il voto segreto

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a palazzo madama

Riforme, la maggioranza supera indenne il secondo il voto segreto

Nessun problema per la maggioranza alla prova del secondo voto segreto, stavolta sull’emendamento firmato Calderoli all’articolo 6 del ddl riforme. Alla conta 107 i voti favorevoli, 160 i contrari e 2 gli astenuti. E dunque la maggioranza, anche se ha tenuto, non ha raggiunto per un solo voto la maggioranza assoluta che è di 161. I 55 di scarto con l’opposizione risentivano sia dell’assenza di Lucio Barani e Vincenzo D’Anna, i due senatori di Ala sospesi, sia di altri sei di maggioranza assenti giustificati (di cui 4 del Pd e 2 di Ncd). In seguito il Senato ha poi approvato agevolmente l’articolo 6 del ddl Boschi con 163 sì (contrari 85, 3 gli astenuti). E domani si riprende con l’esame degli emendamenti all’articolo 7 (di modifica dell'articolo 66 della Costituzione) relativo alla presa d’atto da parte del Senato della cessazione dalla carica elettiva regionale o locale e della conseguente decadenza da senatore.

L’iter in Aula alla ripresa delle votazioni
Nel pomeriggio il ddl Boschi ha ripreso il suo cammino in Aula al Senato, dopo le votazioni sui primi due articoli della scorsa settimana. Nella prima votazione della giornata, la maggioranza si è attestata a quota 169: Palazzo Madama respinge infatti con questo numero di voti i primi due emendamenti delle opposizioni (tre votazioni). I sì sono stati in tutte e tre le votazioni 96, e uno l’astenuto. Il presidente Pietro Grasso ha ammesso lo scrutinio segreto sull’emendamento Calderoli 6.910 relativo alle minoranze linguistiche. Il governo con il ministro Maria Elena Boschi ha espresso parere contrario a tutte le correzioni avanzate, ma su quella del senatore leghista si è rimesso all’Aula.

Romani (Fi): basta a gamberi e canguri, ora il merito
Un appello «a mettere da parte gamberi e canguri» e cioè la battaglia a suon di regolamenti, e a discutere sul merito della riforma, è stato lanciato in Aula dal capogruppo di Fi in Senato, Paolo Romani. Questi ha indicato nell’elezione dei giudici costituzionali e nella norma transitoria, i due punti di merito su cui ha auspicato una discussione «e una intesa tra persone normali». «I miei studi giovanili - ha detto Romani - mi fanno venire in mente la Batracomiomichia, la battaglia tra topi e scarafaggi. Qui stiamo facendo una battaglia tra gamberi e canguri e noi siamo scarsamente interessato a questa epica battaglia mentre lo siamo di più ad una discussione sulla riforma. Mi sembra difficile che vinca il gambero ma il canguro ha difficoltà. Così non entriamo minimamente nei problemi».

I tempi della partita
L’obiettivo del governo, come è noto, è di chiudere entro metà mese (il voto finale è previsto il 13 ottobre) prima dell’avvio della sessione di bilancio. Al di là del merito, legato ai contenuti dei prossimi articoli del provvedimento in votazione, la questione in Senato è tutta politica. Il governo, la scorsa settimana, ha viaggiato tra i 160 e i quasi 180 voti. La minoranza interna del Pd è in agitazione a causa del ruolo giocato nelle prime votazioni dal gruppo Ala, determinante secondo il suo fondatore Denis Verdini. Sullo sfondo, la polemica è su un eventuale ingresso dei verdiniani in maggioranza.

Verdini: sì alle riforme ma non entreremo nel Pd
«Chi appoggia le riforme aiuta l'Italia» ha detto il premier ieri ospite di Lucia Annunziata a In mezz’ora, con riferimento all’appoggio dei senatori verdiniani al ddl Boschi. Renzi ha definito «allucinante» e «ingiusto» l’atteggiamento di chi dice che i senatori di Verdini non debbano votare le riforme. Alla stessa ora, Denis Verdini era ospite di Maria Latella sulla 7. «La storia nasce dai risultati elettorali del febbraio 2013 che hanno detto o elezioni o legislatura costituente. E ricordo che al Senato non c'è una maggioranza», ha attaccato Verdini, replicando a chi lo critica da sinistra e da destra. Perché il suo apporto, ha spiegato, nasce da un principio di coerenza rispetto al patto del Nazareno, da cui non lui ma il Cavaliere si è allontanato. E il Pd può stare tranquillo: agli «amici del Pd che sostengono che i nostri voti puzzano diciamo che con il Pd non abbiamo nulla a che spartire, non intendiamo entrare». Insomma, attaccato da Fi e dai centristi, dalla minoranza Pd e dalla sinistra, nel mirino per il gesto sessista del “suo” senatore Barani, ieri Verdini si è ripreso la scena («senza di noi la maggioranza non c'è», ha detto l’ex braccio destro di Berlusconi).

Renzi: incoerente chi ha cambiato idea su riforme
Su Verdini è arrivato anche l'endorsement di Matteo Renzi. «Sulle riforme credo che ci sia un gruppo di persone che fa una scelta utile per l'Italia - ha detto Renzi - i senatori che stanno con Verdini le riforme le avevano già votate: l'incoerenza non è di chi sta votando le riforme ma di chi ha cambiato idea». Insomma «a destra c'è una situazione talmente divisa che credo sia ingiusto porre un problema ai senatori di Verdini. Mi sembra allucinante». E comunque: «gli ex di FI votano ddl e non la fiducia».

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