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Le condizioni dell'intervento italiano contro l'Isis

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GEOpolitica

Le condizioni dell'intervento italiano contro l'Isis

Difficile comprendere quanto possa essere concreta l'ipotesi che il governo italiano decida di chiedere al Parlamento il via libera all'impiego bellico contro le forze dello Stato Islamico in Iraq dei 4 bombardieri Tornado dell'Aeronautica Militare schierati da quasi un anno in Kuwait d nell'ambito della Coalizione internazionale a guida statunitense.

Per ora non sono previsti cambiamenti e l'impiego bellico dei Tornado è solo un'ipotesi in ogni caso da sottoporre al vaglio del Parlamento ma il contingente aereo italiano (composto oltre che dai bombardieri anche da un'aerocisterna KC-767A e da 2 droni Reaper disarmati) è l'unico tra quelli assegnati da 22 Paesi alla Coalizione a non aver mai attaccato i miliziani dell'Isis. Persino i jet di Stati militarmente molto più deboli dell'Italia come il Belgio, l'Olanda o la Danimarca hanno effettuato incursioni contro i jihadisti mentre ai velivoli italiani il governo ha negato non solo l'autorizzazione a lanciare ordigni ma persino a designare i bersagli (coi puntatori laser) per le armi dei jet alleati.

Un limite dal sapore squisitamente politico, accolto con crescente malumore dai militari, che non ci rende meno “nemici” dell'Isis, non riduce i rischi di rappresaglie terroristiche contro l'Italia né aumenta le possibilità che ai nostri piloti in caso di abbattimento venga riservato un trattamento di favore.

Anche in Afghanistan i cacciabombardieri vennero inviati nel 2008 disarmati per venire poi autorizzati all'uso delle Armi solo nel 2012.

L'eventuale impegno bellico dei Tornado renderebbe più efficace l'azione dei nostri velivoli ottimizzandone i costi d'impiego in missione anche se non modificherebbe il bilancio di un anno di guerra “blanda” della Coalizione che non solo non ha distrutto lo Stato Islamico ma non è stata neppure in grado di fermarne l'avanzata.

Non si è infatti mai vista una forza priva di capacità aerea e contraerea come le milizie del Califfato resistere e muovere all'offensiva in campo aperto, conquistando anche città come Palmira e Ramadi, contro un avversario che ha il totale controllo del cielo. In un anno sono state effettuate su un territorio grande quanto la Gran Bretagna in mano all'ISIS un quinto delle incursioni che la Nato mise a segno nel 1999 contro i serbi in un'area ben più limitata e in appena 70 giorni.

Per questo a Damasco e a Baghdad (e a Teheran) sono in molti a dubitare della reale volontà di arabi e occidentali di combattere l'Isis e guardano ai russi come alleati più affidabili. Basti pensare che le monarchie sunnite del Golfo figurano solo nominalmente in una Coalizione in cui non hanno di fatto alcun ruolo bellico (il 90 per cento dei raid vengono effettuati da jet statunitensi) mentre le loro aeronautiche svolgono un ruolo molto attivo nel più popolare conflitto yemenita contro gli insorti Houthi, che sono sciti a differenza dei jihadisti sunniti dell'Isis.

Come i raid francesi in Siria, anche il contributo bellico dei 4 Tornado italiani (ma potrebbero anche raddoppiare secondo alcune indiscrezioni) avrebbe un significato prettamente politico e simbolico che non muterebbe la situazione militare.

Azioni di guerra aerea limitate all'Iraq potrebbero rilanciare il ruolo dell'Italia nella Coalizione in vista della ventilata iniziativa diplomatica tesa a mediare un'intesa tra Washington e Mosca per il futuro della Siria. O in concomitanza con le ambizioni di Roma per ottenere la guida di un'eventuale operazione di stabilizzazione da inviare in Libia sotto l'egida dell'Onu.

Impossibile inoltre non notare che le indiscrezioni sul ruolo bellico dei Tornado in Iraq sono filtrate in occasione della visita a Sigonella e a Roma del segretario alla Difesa Ashton Carter.

Più che in Iraq, la disponibilità italiana a combattere l'Isis troverebbe forse una più proficua attuazione in Libia, dove la roccaforte dello Stato Islamico di Sirte minaccia sia le forze di Tobruk sia quelle rivali di Tripoli. Qui l'appoggio dei jet italiani costituirebbe un valore aggiunto di rilievo creando le basi militari per la messa a punto di forze libiche congiunte con cui combattere l'Isis oltre a tutelare gli interessi nazionali contro un nemico giunto a poche centinaia di chilometri dalle coste italiane.

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