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Tornado in Iraq, la Difesa: «Prima il voto in Parlamento»

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Tornado in Iraq, la Difesa: «Prima il voto in Parlamento»

Era stato molto chiaro il presidente del Consiglio Matteo Renzi a New York durante l'assemblea generale delle Nazioni Unite della settimana scorsa. L'Italia, aveva ricordato il premier, fa parte ormai da vari mesi della coalizione anti Isis composta da 60 Paesi e guidata dagli Stati Uniti . Continuerà a fornire il suo contributo all'alleanza: quattro Tornado del sesto Stormo di Ghedi finora impegnati in missioni di ricognizione (ma pronti anche ad attivita' “cinetica” se richiesto, ossia bombardare) un aereo cisterna KC 767 e vari droni disarmati.

A Baghdad un centinaio di nostri carabinieri stanno svolgendo attività di training per le forze armate irachene mentre stiamo armando le formazioni dei curdi peshmerga. Su un punto Renzi è stato chiaro: mentre in Iraq l'intervento italiano è giustificato da una richiesta di aiuto di quel governo contro l'Isis non così avviene in Siria dove nostre azioni si scontrerebbero contro i vincoli imposti dalla Costituzione alle nostre forze armate e dove il Governo di Assad non ci ha chiesto nulla (anzi, in una prima fase, era quello il dittatore da far cadere). Senza contare che bombardare senza pensare al dopo creerebbe, secondo Renzi, una situazione di “Libia bis”. Una linea che sarà ribadita questa mattina a Sigonella dal ministro della Difesa Roberta Pinotti al segretario alla Difesa Usa, Ash Carter che fa tappa in Italia nel suo tour europeo. Linea che ancora più autorevolmente sarà difesa con intransigenza dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella che incontrerà domani al Quirinale il capo del Pentagono. La Difesa, nel frattempo, appare molto cauta e ricorda che la “maggiore operativita” dei nostri aerei in Iraq è solo un'ipotesi da sottoporre prima al vaglio del Parlamento.

Far filtrare oggi la notizia di un maggior impegno dei Tornado (solo sugli obiettivi Isis in Iraq) risponde evidentemente all'esigenza di mostrarsi pronti ad esaudire eventuali richieste da parte americana ancor prima che l'amministrazione Usa ne faccia esplicita richiesta e allontanare il sospetto che l'Italia sia troppo appiattita sulle decisioni Usa.

“Non inseguiremo di certo posizioni di singoli Paesi” aveva ammonito Renzi a New York criticando implicitamente la posizione dei francesi che hanno deciso i raid arei in Siria. Ma le prove di dialogo tra Putin e Obama e l'eccessivo attivismo degli aerei da combattimento russi (anche su spazi aerei Nato) hanno convinto Renzi che la posizione italiana attiva nella coalizione anti Isis un po’ defilata è quanto di più utile al nostro Paese in questo momento. Ma con una doppia linea d'azione. Da un lato mostrare agli americani la nostra disponibilità di fedeli alleati anche sul piano militare ma nascondendo all'opinione pubblica italiana i dettagli di questa “maggiore operativita'”. Cosi a New York Renzi ha potuto annunciare davanti al presidente Obama che l'Italia, primo contributore di forze Onu per il Peacekeeping è pronta a mettere a disposizione delle missioni Onu almeno altri 500 uomini (oltre ai 1100 della missione Unifil in Libano) con un battaglione di fanteria specializzata, una compagnia di genio costruzioni e uno squadrone di elicotteri da trasporto. Impegno che ci potrebbe far meritare l'elezione a membro non permanente del Consiglio di sicurezza nel biennio 2017-2018. Annuncio sul quale, però, i comunicatori di Palazzo Chigi hanno fatto calare il silenzio limitando la “novita'” ai soli “caschi blu della cultura” per difendere il patrimonio artistico del Medio Oriente minacciato dalla furia distruttrice dell'Isis. Meglio, tra spending review e paura di nuove avventure militari, non allarmare troppo forze politiche e opinione pubblica. Lo stesso vale per i Tornado le cui nuove regole di ingaggio potrebbero prevedere anche azioni offensive in Iraq. Del resto avvenne così anche per il Kosovo con D'Alema che proprio sui quei bombardamenti (approvati solo ex post dal Parlamento) costruì il suo rapporto personale e ancora attivo con Bill Clinton. Insomma ci sono tempi e modi precisi in Italia per “mostrare i muscoli” e questo è il tempo di nasconderli anche se la segreta ambizione di ogni premier è quella di passare alla storia anche per qualche significativa decisione in campo militare.

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