Le forze di sicurezza filippine hanno attivato una massiccia caccia all'uomo alla ricerca di Rolando Del Torchio, il ristoratore italiano ex missionario sequestrato mercoledì a Dipolog, nella provincia di Zamboanga del Norte. L'uomo è stato rapito nel proprio ristorante da almeno 6 uomini armati, costretto a salire su un minivan che poi si è diretto a gran velocità verso Manukan, a una cinquantina di chilometri di distanza; e proprio nella città costiera il gruppo è stato avvistato mentre saliva su due barche a motore che, con la copertura delle tenebre, si sono allontanate in mare aperto. Il commissario, Rabie Hachuela, ha riferito che le telecamere di sicurezza -le quali hanno catturato le immagini di qualcuno dei sequestratori- potrebbero fornire qualche traccia alle autorità che stanno cercando di identificarli.
Nel frattempo elicotteri militari, motovedette della Marina e dell'esercito e forze di polizia sono stati dispiegati lungo le costa della penisola, e anche nella provincia di Sulu, per setacciare le zone dove si nascondono i miliziani di Abu Sayyaf, un gruppo islamista separatista legato ad al-Qaeda e accusato di molti attentati e sequestri. Secondo gli inquirenti le due imbarcazioni, costeggiata la penisola di Zamboanga, si sono poi dirette verso l'isola di Jolo, nel sud-ovest dell'arcipelago, a circa 400km di distanza, principale roccaforte degli uomini di Abu Sayyaf. Il gruppo negli ultimi anni ha aumentato le azioni sequestro e le decapitazioni dei turisti stranieri e dei missionari cristiani e filippini.
Pime: probabile che la causa non sia politica, ma economica
Il rapimento di Rolando Del Torchio è «più probabile» che sia opera di «gruppi in cerca di riscatto» che non di miliziani islamisti. Ne è convinto padre Giovanni Re, superiore regionale del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) nelle Filippine.
Il sequestro «non è necessariamente da inserire nel contesto dei conflitti fra i gruppi separatisti islamici di Mindanao e il governo», ha osservato. «Non si può dire che sia stato fatto per boicottare o per mettere in crisi gli accordi raggiunti. Anche perché a Dipolog (la località del rapimento) non ci sono conflitti tra cristiani e musulmani. È più probabile che la ragione non sia politica, ma economica, di ricerca del riscatto».
Secondo padre Re, nell'area «ci sono parecchi rapimenti di filippini, anche di gente non ricca (insegnanti, piccoli negozianti); e succede di frequente che, quando si avvicinano le elezioni [le prossime saranno nel 2016, ndr], aumentano gli atti di questo tipo. Qualcuno dice che siano compiuti anche per finanziare le campagne elettorali, ma bisognerebbe verificare». Mindanao è «una zona molto delicata, soprattutto in certe zone e in certi momenti. Cerchiamo di prendere tutte le precauzioni possibili per evitare episodi del genere», ha continuato il sacerdote, «ma, come dimostra questo caso, possono accadere anche in luoghi non pericolosi».
© Riproduzione riservata