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Istat, il 30% delle donne costretta a lasciare il lavoro dopo un…

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Istat, il 30% delle donne costretta a lasciare il lavoro dopo un figlio. Pensioni “rosa” sotto i mille euro

L’Italia è ancora caratterizzata da un'elevata asimmetria dei ruoli nella coppia (il 72% delle ore di lavoro di cura della coppia con figli sono svolte dalle donne), da una bassa offerta dei servizi per l'infanzia e da una crescente difficoltà di conciliazione, soprattutto per le neomadri (dal 38,6% del 2005 al 42,7% del 2012). E il 30% delle donne occupate ha lasciato il lavoro dopo la gravidanza. Lo ha sottolineato l'Istat in un’audizione alla Camera spiegando che il tasso di abbandono del lavoro per le donne nate dopo il 1964 è al 25%. Il dato risente anche della crisi: tra il 2005 e il 2012 il tasso di abbandono è passato dal 18,4% al 22,3%. «Il problema delle interruzioni del lavoro è critico per le donne - ha spiegato Linda Laura Sabatini, direttore del Dipartimento per le statistiche sociali e ambientali dell'Istat - perchè si traducono in uscite prolungate di almeno 5 anni in almeno il 60% dei casi».

Superare le disuguaglianze nel mercato del lavoro
Per l’Istat « i differenziali di genere nelle pensioni non verranno colmati fintanto che non saranno superate le disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro, nell'organizzazione dei tempi di vita, e non sarà disponibile una rete adeguata di servizi sociali per l'infanzia».

In aumento il part time rosa con conseguenti minori livelli di retribuzione
Oltre ad avere più interruzioni per motivi familiari - ha spiegato l'Istat - i percorsi lavorativi delle donne sono più spesso caratterizzati da lavori atipici: tra gli occupati, di età compresa tra i 16 e i 64 anni nel 2009 solo il 61,5% delle donne ha avuto un percorso interamente standard, contro il 69,1% degli uomini. Inoltre, dagli anni '90 è progressivamente aumentato il part-time femminile (dal 21% del 1993 al 32,2% del 2014), con conseguenti minori livelli medi di retribuzione e importi più bassi dei contributi versati. A ciò va aggiunto che la quota delle lavoratrici irregolari è superiore a quella maschile, con un valore pari all'11,1% contro l'8,9% (media triennio 2010-2012).

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