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Rimborsi contestati, Marino sempre più solo

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Rimborsi contestati, Marino sempre più solo

Roma - Dopo una giornata frenetica, con ancora al centro il caso delle spese di rappresentanza del sindaco di Roma Ignazio Marino, in serata il primo cittadino ha provato ad uscire dall’accerchiamento con un colpo di scena: restituirà i soldi e rinuncerà alla carta di credito del Comune a suo nome. La notizia è arrivata con una nota ufficiale del Campidoglio, dopo che per tutto il giorno si era sparsa la voce di un sindaco pronto anche a dare le dimissioni, a seguito dell’inchiesta aperta dalla procura di Roma (un «atto dovuto» dopo gli esposti di Fdi e M5S, al momento senza indagati e ipotesi di reato) e le smentite ai giustificativi delle cene di Marino da parte della Comunità di Sant’Egidio (ieri è arrivata anche una smentita dall’Ambasciata del Vietnam). Al momento comunque il Pd (nazionale e romano) è diviso, tra chi (alcuni renziani) vorrebbe staccare la spina al sindaco – magari provocando il commissariamento con la mancata approvazione del bilancio, a novembre – e chi invece giudica molto rischioso far cadere il sindaco quando sono in corso i lavori per il Giubileo: il danno d’immagine per il fallimento della preparazione dell’Anno Santo avrebbe ripercussioni non solo sul Campidoglio, ma anche sull’immagine di tutto il paese.

Così la nota del sindaco nella serata di ieri: «In questi due anni ho speso con la carta di credito messa a mia disposizione dal Comune meno di 20.000 euro per rappresentanza, e li ho spesi nell’interesse della città. È di questo che mi si accusa? Bene, ho deciso di regalarli tutti di tasca mia a Roma e di non avere più una carta di credito del Comune a mio nome. Ho già dato mandato alla Ragioneria – ha sottolineato il sindaco – di calcolare questa stessa notte al centesimo le spese di rappresentanza pagate con la carta di credito e domattina staccherò l’assegno per l’intera cifra». Dall’entourage del sindaco hanno fatto sapere che «le dimissioni non sono all’ordine del giorno». E nella stessa nota Marino ha concluso: «Da due anni c’è il tentativo di sovvertire la scelta democratica dei cittadini. Io continuerò sulla strada del cambiamento e gli stessi cittadini giudicheranno».

Per il momento, il Pd in Campidoglio (le cui mosse sono determinanti nel caso si decidesse di far cadere il sindaco), resta in sospeso, in attesa di capire se arriveranno indicazioni dall’entourage del premier. Matteo Renzi non ha nascosto il proprio disappunto su tutta la vicenda. Si starebbero valutando tutte le ipotesi, anche quella di una sfiducia da parte del Pd capitolino. «Non lo so assolutamente», ha risposto ieri il capogruppo del Pd e coordinatore della maggioranza in Campidoglio, Fabrizio Panecaldo (renziano), a chi gli chiedeva un commento sulle voci di dimissioni del sindaco. «Rispetto al sindaco c’è un rapporto positivo e dialettico», ha concluso.

Intanto le opposizioni hanno proseguito il loro attacco, invocando le dimissioni. «Marino deve lasciare e Roma deve tornare al voto», ha tuonato Beppe Grillo. I Cinque Stelle, in una conferenza stampa che ha visto insieme a Montecitorio gli esponenti nazionali e quelli locali, ha nuovamente attaccato Marino: «Non è più una questione di legittimità - ha detto il deputato Alessandro Di Battista - ora è diventata una questione morale per questo Marino si deve dimettere. Se Marino - ha spiegato - mente per rendicontare 150 euro di cena con Sant’Egidio, che poi lo smentisce, allora magari ha mentito anche quando diceva di non conoscere cosa accadeva con le cooperative coinvolte in Mafia Capitale». Non è da meno la collega Roberta Lombardi: «Oggi cade il mito dell’onestà di Marino, perché il sindaco ha mentito per iscritto rispetto all’uso che fa delle risorse pubbliche». «Marino: è vero ho messo le mani in tasca dei romani. Li restituisco e resto al mio posto. Palazzo Chigi?», ha scritto su Twitter Alfio Marchini, leader della omonima lista civica. Anche Sel ha chiesto al sindaco di venire «in Aula Giulio Cesare a riferire e a chiarire».