ROMA
Sessanta giorni dividono la capitale dall’inizio del Giubileo che doveva essere un banco di prova importante per la giunta guidata da Ignazio Marino, già “commissariato” dal governo che gli aveva imposto la coabitazione forzata con il prefetto Franco Gabrielli. Ma il passo indietro del sindaco rischia ora di amplificare la crisi della capitale alle prese col caos innescato dai rifiuti che invadono ormai anche il centro, dai frequenti scioperi del trasporto pubblico con cui i cittadini devono fare i conti quotidianamente, dalle buche e dalla scarsa manutenzione delle strade, dai cantieri aperti anche in vista dell’Anno santo straordinario. Nodi perlopiù collegati alle inefficienze delle ex municipalizzate che gestiscono quei servizi essenziali. Fin dall’inizio del suo mandato, Marino aveva promesso di rivoluzionare, con razionalizzazioni e accorpamenti, l’intero sistema delle partecipate di Roma capitale (circa una trentina), ma quell’impegno è rimasto lettera morta. Perché, al netto di qualche piccola dismissione, che porterà 150 milioni di risparmi alle casse di Palazzo Senatorio, l’attesa svolta su Atac (trasporti) e Ama (rifiuti) è lontana.
L’Atac a un bivio
Nell’ultimo report sulle utilities, sfornato a metà luglio, Mediobanca ha messo nero su bianco il primato negativo delle due aziende capitoline: 1,2 miliardi di perdite nette aggregate per Atac dal 2006 al 2013, 288 milioni per l’Ama.
Evitare il fallimento della prima - che tra il 2010 e il 2013 ha visto avvicendarsi ben quattro manager al timone -, appare un’impresa titanica. L’azienda, controllata al 100% dal Comune di Roma, ha accumulato negli ultimi anni solo bilanci in perdita e un debito che oscilla tra 1,4 e 1,6 miliardi di euro. E, anche se nel 2014 il rosso si è abbassato a 141 milioni, il futuro sembra (ancora) appeso a un filo, dopo la ricapitalizzazione da 180 milioni - di cui 40 milioni “cash” e 140 milioni attraverso il conferimento di 18 treni Caf della metropolitana (tutti ancora però da valutare) -, varata in extremis con l’assestamento di bilancio dal Campidoglio, anche grazie al pressing del Nuovo Centrodestra che ha dato battaglia in consiglio comunale. Un nuovo salvataggio per Atac che ha già bruciato oltre un miliardo nei precedenti tentativi e che ora sconta anche le dimissioni dei vertici. Quelle dell’ad, Danilo Broggi, erano, in verità, previste da tempo, ma nei giorni scorsi è arrivato anche il passo indietro del direttore generale Francesco Micheli, manager assai stimato, chiamato a maggio da Marino per rimettere in corsa l’azienda ed entrato subito in rotta di collisione con l’assessore ai Trasporti, Stefano Esposito. Oggetto dello scontro: il bando per l’acquisto di nuovi autobus e il relativo servizio di manutenzione e assistenza che l’assessore avrebbe voluto esternalizzare, in deroga a quanto stabilito nel piano industriale faticosamente licenziato dalla società. L’assemblea dei soci, già convocata per metà ottobre, dovrebbe ora approvare il bilancio 2014 e nominare i nuovi vertici, ma, con la fine anticipata della giunta, si rischia l’ennesimo slittamento.
L’emergenza rifiuti
Anche per Ama, al centro «della più consistente assunzione clientelare mai avvenuta a Roma» (copyright della procura), quando l’ad era Franco Panzironi e il sindaco Gianni Alemanno, la situazione non è rosea, sebbene l’azienda sia riuscita a chiudere l’ultimo bilancio con un leggero utile (278mila euro). A pesare sono i debiti che gravano sulla società guidata da Daniele Fortini: 1,23 miliardi a fine dicembre 2014, di cui quasi la metà con le banche (circa 568 milioni), in lieve discesa rispetto al dato registrato l’anno prima (1,29 miliardi), ma con una fetta assai significativa (944 milioni) che andrà a scadenza entro un anno. L’Ama ha appena ottenuto dal Comune il rinnovo dell’affidamento del servizio per altri 15 anni (che vale quasi 800 milioni di ricavi annui per l’azienda). «A fine agosto, inizi di settembre avrete una città significativamente più pulita», avevano promesso in coro il sindaco Marino e l’ad Fortini a luglio, annunciando anche nuove assunzioni e il monitoraggio dei veicoli per la pulizia e la raccolta dei rifiuti. Ma le immagini, riprese anche dalla stampa internazionale e rimbalzate oltreoceano, che mostrano una capitale perennemente sporca, documentano la continua emergenza, nonostante la società abbia investito significativamente sul rinnovo della flotta con oltre 1.700 mezzi immatricolati negli ultimi cinque anni e oltre 300 veicoli ecologici. Il primo cittadino aveva anche promesso di fare pulizia dopo la Parentopoli che ha investito l’azienda romana, ma le lettere di licenziamento dei 60 dipendenti di Ama coinvolti e annunciate nei giorni scorsi, non sarebbero ancora partite.
La voragine del debito
A soffrire però non sono solo le casse delle ex municipalizzate. Anche quelle del Comune risultano infatti in affanno sebbene un qualche segnale di miglioramento si sia registrato nell’ultimo bilancio approvato. Il Campidoglio ha sì anticipato di un anno, al 2015, la conclusione del piano di rientro triennale che doveva riassorbire entro il 2016 un disavanzo strutturale di circa 550 milioni. Ma l’esposizione del Comune, che è frutto anche della passata amministrazione, è di circa 1,2 miliardi. Sui conti assai fragili della capitale rischia poi di abbattersi anche la tegola dei 350 milioni di salario accessorio dei dipendenti comunali per gli anni 2008-2012, ritenuti illegittimi dal ministero dell’Economia perché distribuiti a pioggia e non legati ai risultati. E sui quali dovrà pronunciarsi la Corte dei conti. Senza contare la partita del debito pregresso, accumulato fino al 2008 e affidato a una gestione commissariale che dovrebbe concludersi nel 2048: circa 14 miliardi a fine 2014 a fronte degli oltre 22 miliardi accertati in origine. Un debito “monstre” che pesa tuttora sulle tasche dei romani costretti a versare un’addizionale Irpef, pari allo 0,9%, con un aggravio dello 0,4% (rispetto all’aliquota ordinaria dello 0,5%), destinato esclusivamente a ripianare quella montagna. Le tasse più alte d’Italia, insomma. Ma i servizi, che quei tributi dovrebbero finanziare, non sono mai veramente decollati. Come il rapporto dei romani con l’ultimo sindaco della capitale.
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