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Mancano ancora all’appello 3 o 4 miliardi

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L’ANALISI

Mancano ancora all’appello 3 o 4 miliardi

Da un lato l’elenco degli impegni, che resta corposo nonostante alcune misure annunciate nelle scorse settimane, tra cui la flessibilità in uscita per le pensioni, non compaiano più nel menu della manovra. Dall’altro, l’individuazione delle coperture, tuttora in progress. Giunta alla curva finale, la legge di stabilità da 27-30 miliardi, sulla quale ieri il Consiglio dei ministri ha avviato l’istruttoria in vista dell’approvazione fissata per giovedì mattina, è ancora in parte da scrivere. I punti fermi riguardano il rinnovato impegno a neutralizzare, per ora solo per il 2016, le clausole di salvaguardia. Niente aumento dell’Iva e delle accise, dunque, che peraltro sarebbe andato in assoluta controtendenza rispetto a una manovra che le tasse punta a ridurle. In tutto si tratta di oltre 16 miliardi da finanziare con misure alternative.

L’altro punto fermo è il pacchetto di tagli fiscali, che oltre all’annunciato intervento sulla Tasi, sull’Imu in agricoltura e sui cosiddetti “imbullonati”, vede ora in pole position anche l’anticipo al 2016 del taglio dell’Ires e il superammortamento per le imprese che investano nella propria azienda. Il totale della manovra fiscale si aggira al momento attorno ai 7 miliardi. Vi si aggiunge il rifinanziamento parziale degli sgravi contributivi per i nuovi assunti, e un pacchetto di misure sociali (dirette al sostegno delle famiglie con figli al di sotto della soglia di povertà). Sul versante delle coperture, ai 6/7 miliardi attesi dalla spending review dovrebbero affiancarsi i 3 miliardi di maggiori entrate garantiti dal rientro dei capitali (la voluntary disclosure).

Il resto è affidato alla flessibilità europea, che però al momento potrà consentire di aumentare il deficit 2016 dello 0,4% (dall’1,8% al 2,2%), ma non fino al 2,4% poiché l’ulteriore sconto di 3,3 miliardi chiesto dal Governo per fra fronte ai costi dell’ondata migratoria difficilmente verrà concesso. Va peraltro ricordato che i 6,5 miliardi di flessibilità aggiuntiva si sommano ai 6,4 miliardi già concessi dalla Commissione europea grazie alla clausola per le riforme. Al momento, dunque, restano da individuare risorse per almeno 3-4 miliardi. Si potrebbe “spingere” ulteriormente sul pedale del deficit, ma la strada è pericolosa perché comunque andrebbe garantito un profilo di sia pur limitata riduzione del target rispetto al risultato atteso quest’anno (2,6% del Pil).

La minore spesa per interessi rispetto allo scenario di un anno fa è già stata incorporata nei saldi di finanza pubblica. Potrebbero soccorrere i proventi della privatizzazione delle Poste che vanno però indirizzati alla riduzione dello stock del debito. Caccia alle coperture, dunque, per sostenere una manovra che sia in grado di spingere il Pil verso un incremento dell’1,6%, nella consapevolezza che le variabili internazionali presentano al momento non pochi elementi di incertezza. Occorre quindi puntare al massimo sul potenziale espansivo delle misure in arrivo. Una spending review più ambiziosa avrebbe contribuito a rendere più solida e sostenibile l’intera manovra.

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