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Roma, centrodestra e centrosinistra divisi alla prova delle comunali 2016

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la lunga campagna elettorale

Roma, centrodestra e centrosinistra divisi alla prova delle comunali 2016

Balcanizzazione. Non c'è forse parola che meglio rappresenti la situazione della classe dirigente politica romana di centrosinistra e centrodestra. Alla vigilia della lunga campagna elettorale che dovrà portare, nella primavera 2016, alla scelta del nuovo primo cittadino della capitale, il panorama è quello di correnti in contrasto tra loro all'interno di singoli partiti, con conflitti tra partiti (o, viceversa, prove di alleanze) che rimettono in discussione gli equilibri nazionali. Le dimissioni anticipate di Ignazio Marino si sono inserite in questo scenario e hanno preso in contropiede le correnti dei due tradizionali schieramenti che si sono alternati nella Seconda repubblica alla guida del Campidoglio. Schieramenti che devono fare i conti anche con le conseguenze dell'inchiesta su Mafia capitale.

Modello Roma addio
Sembra lontano ere geologiche l'epoca del “Modello Roma” e del suo demiurgo Goffredo Bettini. Fu Bettini (oggi eurodeputato, con una lunga carriera politica iniziata nel Pci romano) l'artefice delle candidature di Francesco Rutelli prima e Walter Veltroni poi, che garantirono al centrosinistra la guida della città ininterrottamente dal 1993 al 2008. Un modello, quello disegnato da Bettini, che si basava su una sinergia tra politica e mondo produttivo (erano gli anni in cui Roma cresceva più della media nazionale), con la politica a puntare sulla cultura e sul turismo come motore di sviluppo. Sono gli anni dell'Auditorium, delle notti bianche, e quelli in cui Roma rompe per la prima volta il muro delle 30 milioni di pernottamenti di turisti.

Le vittorie del 2013
Ma sembrano passati secoli anche rispetto al 2013, quando il centrosinistra si riprese il Campidoglio dal centrodestra, con Ignazio Marino, e Nicola Zingaretti, presidente uscente della Provincia di Roma, strappò la regione Lazio al centrodestra. In una congiuntura nazionale sfavorevole in cui si assisteva alla “non vittoria” di Pier Luigi Bersani alle politiche e a una involuzione del Pd che sarebbe durata fino a dicembre 2013 con la vittoria di Matteo Renzi alle primarie del partito.

Zingaretti in campo
Tutto parte a fine 2011, quando Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma, inizia a studiare da candidato sindaco di Roma. Di fronte a un Pd regionale commissariato, con ex Ds e ex popolari in lotta fra loro dopo le batoste del 2008 (vittoria del centrodestra di Gianni Alemanno alle comunali) e del 2010 (vittoria del centrodestra di Renata Polverini alla Regione Lazio), Zingaretti si rende conto che per vincere alle comunali del 2013 bisogna lavorare d'anticipo e serve un partito unito alle sue spalle che lo supporti nella campagna elettorale.

L'asse Zingaretti-Gasbarra
Per questo Zingaretti, lui ex Ds, si fa principale sponsor di Enrico Gasbarra (ex popolare e ex presidente della Provincia di Roma) come candidato segretario del Pd del Lazio (Gasbarra vincerà le primarie con ampio margine a febbraio 2012). Le dimissioni anticipate di Renata Polverini per la vicenda dei rimborsi ai gruppi porteranno poi Zingaretti ad essere dirottato alle regionali 2013 e sarà l'outsider Marino a correre per le comunali. Ma ormai l'asse Zingaretti-Gasbarra è consolidato e il centrosinistra vince sia le regionali 2013 che le comunali 2013.

Nel Pd l'asse non c'è più
Zingaretti governa ormai da due anni la Regione Lazio e non si preoccupa più come prima del partito. Gasbarra non è più segretario del Pd Lazio da gennaio 2014 e ora è eurodeputato. Nel Pd nazionale domina incontrastato Matteo Renzi, che però non ha mai potuto fare affidamento a Roma su un solido nucleo di renziani della prima ora. Senza considerare che alle primarie del 2013 Renzi fu addirittura sconfitto a Roma nel voto dei circoli: 33,1% contro il 54,6% di Gianni Cuperlo (a livello nazionale Renzi prese il 45,3% e Cuperlo il 39,4%).

I renziani in Regione
A parte Lorenza Bonaccorsi, presidente dell'Assemblea regionale del Pd (che segue Renzi fin dal 2010), la pattuglia dei renziani può contare sopratutto su ex popolari (ex seguaci di Enrico Letta o seguaci di Dario Franceschini, che si è schierato con Renzi alle primarie di fine 2013) come l'attuale segretario del Pd Lazio Fabio Melilli e il capogruppo Pd in Campidoglio Fabrizio Panecaldo.

Il ruolo di Orfini commissario
Il Pd romano, dopo lo scandalo di Mafia capitale scoppiato a dicembre 2014, è ancora commissariato. A guidarlo è Matteo Orfini, presidente del Pd nazionale, che sta portando avanti l'opera di bonifica. Ma la figura di Orfini è stata pesantemente indebolita dalle dimissioni di Marino. Renzi avrebbe voluto farla finita con il primo cittadino uscente già da tempo (da quando, già a fine 2014, i sondaggi davano in crollo verticale la popolarità del primo cittadino), mentre Orfini l'ha difeso fino all'ultimo. La gestione da parte di Orfini delle dimissioni del sindaco, dopo il casus scontrini, ha creato malumori all'interno del Pd romano. In questa situazione sarà molto complicato trovare un candidato sindaco e soprattutto ricompattare il partito per la campagna elettorale della primavera 2016.

Il ruolo di Augello
Nel centrodestra la situazione è se possibile ancora più complicata. Bisogna partire da Andrea Augello, oggi senatore di Ncd. Fu lui, ex assessore al Bilancio della Regione Lazio nel 2000 con Francesco Storace, l'artefice della vittoria di Gianni Alemanno nel 2008 e di Renata Polverini nel 2010. Fu lui, profondo conoscitore dei complicati meccanismi che regolano il mondo produttivo e politico romano, ad orchestrare quelle campagne elettorali, dopo che il centrodestra era riuscito a ricompattare tutti gli uomini forti romani attorno a quei nomi.

L'asse Augello-Rampelli
Andrea Augello aveva un rapporto diretto con Silvio Berlusconi (è stato sottosegretario della Pa nel suo governo dal 2009 al 2011). L'altro uomo forte del Pdl romano era Fabio Rampelli. Anche lui ex An e punto di riferimento di un'area che ricomprende a Roma anche Giorgia Meloni (ex ministro della Gioventù del Governo Berlusconi) e a cui era vicino anche Maurizio Gasparri. Gli ex An hanno sempre avuto un peso consistente a Roma (rispetto a Forza Italia il rapporto dei voti a Roma è sempre stato uno a uno, mentre a livello nazionale era tre a uno). Fu l'asse Augello-Rampelli, e quello tra questi e gli agli ex Fi di Roma (da Fabrizio Cicchitto ad Antonio Tajani), a permettere al centrodestra dell'allora Pdl di fruttare il logoramento del Modello Roma del centrosinistra e a portare il centrodestra a vincere in Campidoglio e Regione.

La frantumazione del Pdl
Oggi Andrea Augello è senatore di Ncd, che in Campidoglio era all'opposizione della Giunta di centrosinistra di Marino, mentre a livello nazionale governa insieme al Pd di Matteo Renzi. Giorgia Meloni è oggi leader di Fratelli d'Italia, di cui fa parte anche Fabio Rampelli. E Fdi guarda all'alleanza con la Lega Nord di Matteo Salvini, che a sua volta punta a giocare per la prima volta un ruolo di primo piano a Roma sfruttano i risultati a livello nazionale. Dopo il collasso del Pdl, Maurizio Gasparri (ex An) è rimasto nella nuova Fi di Silvio Berlusconi. Tra gli ex Fi, Cicchitto fa parte ora di Ncd, mentre Tajani è un eurodeputato della nuova Fi.

La caduta di Alemanno
A pesare sulla frantumazione del centrodestra romano, c'è stata la fine del Pdl a livello nazionale, ma anche la sconfitta di Gianni Alemanno nel 2013. A cui è seguito il coinvolgimento nell'inchiesta su Mafia Capitale. In questo scenario sembra difficile ritrovare una unità attorno a un singolo candidato. Giorgia Meloni difficilmente non si candiderà, ma è tutt'altro che scontato che riesca a coagulare tutto il centrodestra dietro il suo nome. Già parte di Fi guarda ad Alfio Marchini, l'imprenditore che con la sua lista civica ha ottenuto già nel 2013 il 9,5 per cento.

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