La manovra può produrre gli effetti sperati anche grazie ai circa 7 miliardi diretti a ridurre la pressione fiscale a famiglie e imprese. Tuttavia, per essere credibile (agli occhi di Bruxelles e dei mercati), e sostenibile (dal punto di vista dei saldi di finanza pubblica) dovrà basarsi su coperture certe, proiettate su un orizzonte triennale. Al momento, il quadro definito dalla Nota di aggiornamento al Def, che costituisce di fatto la cornice entro cui si colloca la legge di stabilità oggi all'esame del Consiglio dei ministri, prevede la copertura dei 16,2 miliardi necessari a disinnescare le clausole di salvaguardia (aumento dell'Iva e delle accise) solo per il 2016.
Il rischio è dunque che la prossima manovra, quella del 2017, si trovi di fatto sostanzialmente imbrigliata dalla necessità di reperire 25,4 miliardi (a tanto ammonta l'eredità delle vecchie clausole che nel totale del triennio raggiunge i 70 miliardi) con risorse aggiuntive. Si ridurrebbero in tal modo drasticamente gli spazi di manovra per politiche di bilancio orientate a sostenere un ciclo economico che già dal prossimo anno potrebbe volgere al peggio, per il simultaneo operare di variabili esterne il cui impatto è fin d'ora difficile da stimare. Come hanno rilevato sia il Fondo monetario che l'Ocse, e da noi l'Ufficio parlamentare di bilancio, le previsioni di crescita fissate dal Governo per il 2016 e gli anni a venire sono tarate su variabili esogene più ottimistiche rispetto allo scenario che ad oggi è lecito prevedere. Alla frenata delle economie emergenti si affianca il rallentamento del commercio mondiale, con la Cina la cui economia potrebbe ulteriormente rallentare. Il tutto nell'incertezza relativa alle prossime mosse della Fed sui tassi e sull'effettiva durata del Quantitative easing della Bce.
Ecco perché la tenuta dei saldi resta per noi fondamentale. Con un debito pubblico oltre quota 130% del Pil e che solo dal 2016 dovrebbe cominciare la traiettoria di discesa in rapporto al Pil, ogni variazione negativa delle variabili di finanza pubblica (l'aumento dello spread oppure una spending review non sufficientemente ambiziosa e tale da garantire anche nel 2017 l'annullamento delle clausole di salvaguardia) potrebbe far virare il ciclo economico in una direzione contraria allo scenario ipotizzato dal Governo. Da questo punto di vista, occorrerà vigilare perché la navigazione parlamentare della manovra non alteri l'equilibrio dei saldi, e garantire l'attenta copertura di tutti gli impegni di spesa in agenda e degli annunciati tagli fiscali.
Una manovra che con il suo volume di ben 27-30 miliardi, dovrà garantire il finanziamento con misure strutturali (spending review) dei 5 miliardi diretti al taglio delle tasse sulla prima casa, sull'Imu in agricoltura e sui cosiddetti “imbullonati”, al pari dell'anticipo al 2016 di un primo taglio dell'Ires e del superammortamento per le imprese che investano nella propria azienda. Per non parlare del rifinanziamento parziale degli sgravi contributivi per i nuovi assunti e del pacchetto di misure sociali (dirette al sostegno delle famiglie con figli al di sotto della soglia di povertà).
Occorrerà spuntare il via libera di Bruxelles non solo sulle varie clausole di flessibilità invocate dal Governo (17 miliardi in tutto se vi si comprendono i 6,4 miliardi già concessi e la “clausola migranti” da 3,3 miliardi difficile peraltro da ottenere), ma anche all'utilizzo sotto forma di ulteriore copertura di 3-3,5 miliardi di entrate una tantum attese dal rientro dei capitali esportati illegalmente attraverso la cosiddetta voluntary disclosure. Si può spingere il deficit del 2016 fino al 2,2%, e con ogni probabilità si proverà a portarlo al 2,4%, ma per spuntare la flessibilità europea il percorso di riduzione del debito va garantito. La scommessa del Governo è puntare sul denominatore, la crescita. Una partita impegnativa ma tutta da giocare.
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