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Una scommessa da vincere

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l’analisi

Una scommessa da vincere

Milano e il suo cuore manifatturiero. Milano e le sue mani da artigiano. Milano e la sua mente tecno-scientifica. Milano e il suo senso della bellezza. Ancora una volta. Ancora di più. Nella tradizione. E nell’innovazione più radicale.

Negli Stati Uniti e nel capitalismo globalizzato, l’acronimo che determina il futuro delle cose e degli uomini è Stem: Science, Technology, Engineering and Mathematics. La nuova anima di Milano, invece, è racchiusa nell’acronimo Steam: scienze, tecnologia ed ingegneria più la lettera “a” di arte – ossia creatività e design, moda e artigianato – e la lettera “m” di manifattura. Un’anima composta con una miscela che è irriproducibile al di fuori del capitalismo manifatturiero italiano.

Questa eredità storica ha le sue radici nelle officine e negli opifici del Rinascimento, ha il suo presente in un sistema industriale integrato con la manifattura continentale attraverso la cifra del medium tech e connesso ai mercati globali tramite il design e la moda, ha il suo futuro in una evoluzione che, alla attuale innovazione combinatoria, riesca ad appaiare innovazioni più radicali, completando e facendo compiere un ulteriore up-grading ad un meccanismo già oggi versatile e anticiclico, mutevole e resiliente. Milano riparte da qui. E, con essa, può ripartire l’Italia. Per riuscire a compiere questo passo in avanti serve una alleanza fra pubblico e privato, in grado di definire policy di sistema, ed occorre cogliere le straordinarie opportunità storiche che si presentano: per esempio, il Post Expo. La capitale industriale e terziaria, finanziaria e scientifica del Paese ha – nel disegno prospettato dal presidente dell’Assolombarda, Gianfelice Rocca – una traiettoria segnata appunto dallo Steam. Un catalizzatore in grado di generare un maggior valore aggiunto – soltanto per Milano e la Brianza – compreso fra i 17 e i 24 miliardi di euro. Alla Lombardia incardinata su Milano sono già riferibili il 30% dei brevetti italiani, il 28% delle pubblicazioni scientifiche, il 27% delle start-up knowledge intensive ad alta crescita. E, questo, nonostante i ritardi con i concorrenti europei: proporzionalmente le università catalane ricevono una volta e mezza i fondi comunitari delle università lombarde.

Questo delicato salto evolutivo diventa possibile – nella visione di Rocca - elaborando un piano strategico (sull’esempio della Catalogna e della Baviera) e sfruttando l’occasione storica del post Expo. Rho può diventare l’hub in cui concentrare università e imprese, il miglior posto per i giovani con gli occhi che brillano, l’“effetto mensa” – a pranzo imprenditori e tecnologi, studenti di dottorato e vecchi professori – che si registra nei luoghi in cui c’è davvero il sale della terra: dal Mit di Boston a Cambridge, da Stanford alla University of Hong Kong, dalla Technische Universität Berlin all’Indian Institute of Technology Delhi. In questo meccanismo evolutivo contano anche le policy . E, non a caso, il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ha sottolineato la necessità di politiche per l’innovazione: una nuova forma di politica industriale, ripulita dagli arcaismi degli anni ’70 e ’80, capace di aggiungere nuove pezzi alla catena del Dna del Made in Italy. Anche perché l’Italia – di cui Milano è l’avamposto verso ogni ipotesi di futuro – ha una fortuna, elementare nella sua semplicità: gli stranieri – come ha ricordato Squinzi – desiderano esattamente quello che noi abbiamo. Il Made in Italy – nella sua dimensione multiforme – è nei loro desideri (di consumatori) e nelle loro necessità (di imprenditori). Adesso tocca a noi darglielo.

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