La partenza, il primo mese, è stata molto a rilento. Calcinacci e sacchi di detriti nei vialetti laterali testimoniavano la corsa in apnea per arrivare al traguardo dell'inaugurazione. Alcuni padiglioni erano incompleti, un piano di Palazzo Italia chiuso, lo spazio della Lombardia non visitabile. Chiusi i servizi, chiusa la terrazza Martini. Il prezzo pagato ai ritardi della vigilia. Da giugno in avanti, però, la musica è cambiata completamente. Segnaletica a posto, servizi efficienti, mobilità interna molto buona, punti di informazione funzionanti. In sei mesi passati al microscopio da moltissimi osservatori, non si ricorda una falla importante, una inefficienza seria. Unico grande neo, tuttavia, restano le code: all'ingresso, ai padiglioni. Code ordinate e ben gestite, d'accordo, ma pur sempre attese lunghissime. Le dieci ore segnalate al padiglione del Giappone erano, più o meno, l'orario completo di apertura del sito di Rho-Pero. L'Expo è rimasto sicuramente vittima del suo stesso successo, ma anche di previsioni sugli accessi non particolarmente impeccabili.

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