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Il software-spia (italiano) prodotto da Hacking Team venduto da…

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le ipotesi dei pm

Il software-spia (italiano) prodotto da Hacking Team venduto da due ex dipendenti ai terroristi sauditi

Potrebbe essere finita anche in mano a terroristi sauditi, oppure militari stranieri o governi esteri la tecnologia di Hacking Team, la società che vendeva l'ormai famoso software-spia Galileo a governi di tutto il mondo e che è stata vittima di un violento attacco informatico il 5 luglio scorso.

È questa l'ipotesi alla base del decreto di perquisizione con il quale la Polizia postale di Milano e e quella di Torino si sono presentate nelle sede della società Mala srl, creata da due dipendenti fuoriusciti da Hacking Team Moustapha Maanna e Guido Landi e con sede a Torino in via Guglielmo Marconi. I due sono indagati dalla procura di Milano per accesso abusivo informatico e rivelazioni di sistema industriale.

300mila euro da una società saudita
Le perquisizioni sono state disposte dal pm di Milano Alessandro Gobbis. Investigatori e inquirenti hanno scoperto un versamento di circa 300 mila euro sul conto della società da parte di una società con base in Arabia Saudita, la Saudi Technology Development, che si occupa di «promozione della tecnologia e trasferimento delle conoscenze in Arabia Saudita». La causale ufficiale sarebbe stata quella di un servizio di formazione professionale che, tuttavia, stando agli accertamenti degli inquirenti non sarebbe mai stato effettuato. «Non risulta verosimile - scrive infatti il pm Alessandro Gobbis - che la somma versata a Mala sia stata corrisposta per la formazione professionale, apparendo più probabile l'ipotesi della fornitura di servizi informatici». Tra i possibili committenti dell' acquisto ci potrebbero essere non solo jihadisti ma anche militari stranieri o governi esteri. I dati per creare il software potrebbero essere stati acquistati, dunque, o a fini di spionaggio o anche per ragioni di concorrenza commerciale.

Ipotesi: venduto il codice sorgente di Galileo
Il sospetto alla base delle nuove perquisizioni è che i due ex collaboratori di HT abbiano venduto a quel prezzo il cosiddetto “codice sorgente” dello spyware Galileo alla società saudita, probabilmente mediatrice per conto di un altro committente da individuare: i due avrebbero “tradito” quindi Hacking Team vendendone i segreti, una ipotesi sostenuta anche dall'ad della società, David Vincenzetti. Il codice sorgente sarebbe utile, secondo gli investigatori, per “neutralizzare” o “riprodurre” il software di spionaggio che, è l'ipotesi degli inquirenti, potrebbe anche essere finito in mano ai terroristi. Oltre a Maanna e Landi, sono indagate altre tre persone ritenute estranee al “capitolo” saudita. Mostapha Maanna e Guido Landi erano stati interrogati quest'estate, su loro richiesta, dal pm Gobbis, dopo che, a luglio scorso, Hacking Team aveva subito un'azione di hackeraggio con la conseguente violazione di 400 gigabyte di dati riservati custoditi nel server aziendale.

La difesa: «Siamo tranquilli, “bufale” diffuse da Hacking Team»
«Siamo tranquilli e certi che le indagini dimostreranno che le accuse che ci vengono mosse sono “bufale” diffuse da Hacking Team». È quanto afferma l'avvocato Sandro Clementi, legale di Moustapha Maanna e Guido Landi. Nel decreto di perquisizione, spiega ancora il legale, «non c'è alcun riferimento al fatto che la società Mala srl», fondata dai due indagati, «possa aver venduto servizi informatici agli arabi, poi finiti in mano ai terroristi». Quella del terrorismo, secondo il difensore, «può essere un'ipotesi investigativa, ma non è stata messa nero su bianco. Negli interrogatori di luglio, chiesti da noi - aggiunge il difensore - abbiamo spiegato i rapporti commerciali della società Mala, giustificati da contratti. Non abbiamo nulla da nascondere, siamo contenti che le indagini vadano avanti. Verrà dimostrata la nostra estraneità».

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