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Madia: licenziare nel pubblico impiego chi timbra e poi non va a…

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Madia: licenziare nel pubblico impiego chi timbra e poi non va a lavorare. Squinzi: potendo li avremmo già licenziati

Licenziare quei dipendenti pubblici che, in maniera sistematica, timbrano e poi non vanno a lavorare. È questa la strada da seguire per il ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia. Riferendosi a recenti vicende di cronaca, ultima quella di Sanremo, il ministro a un convegno sulla semplificazione organizzato da Rete Imprese Italia Madia ha affermato: «Un dipendente pubblico che dice che va a lavorare e poi non ci va deve essere licenziato». Ma Madia ha voluto anche sfatare una serie di credenze sugli statali e ha rivolto un appello alla platea di imprenditori per superare «contrapposizioni e luoghi comuni». Uno di questi di cui «ci dobbiamo liberare è che tutti i dipendenti pubblici siano fannulloni».

Squinzi sugli assenteisti: potendo noi li avremmo già licenziati
«Potendo, noi li avremmo già licenziati molti anni fa». Con questa battuta il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha commentato le affermazioni del ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia sul fatto che i dipendenti pubblici assenteisti andrebbero licenziati.

Sangalli (Confcommercio): serve impegno straordinario del Governo
«Le Pmi non possono più sopportare 30 miliardi di oneri burocratici annuali e perdere 34 giorni-uomo l’anno per adempimenti fiscali. Chiediamo al Governo un impegno straordinario sulla riforma della Pubblica amministrazione con il pieno coinvolgimento delle imprese». Così il presidente di turno di Rete Imprese Italia e della Confcommercio, Carlo Sangalli, presentando la ricerca sulla semplificazione amministrativa alla presenza del ministro Madia. «Se è vero - ha argomentato - che il Paese sta ripartendo, il Governo deve cogliere e rafforzare questi segnali, anche scommettendo sull’accelerazione delle riforme economiche e amministrative, perché solo così si potrà trasformare la ripresa in vera crescita». Secondo Sangalli, «nel confronto internazionale, il numero delle ore necessarie per assolvere agli adempimenti fiscali per le nostre imprese è di gran lunga superiore a quello di altri Paesi: in Italia ogni anno le imprese devono impiegare 269 ore, corrispondenti a 34 giornate di un lavoratore a tempo pieno, il 52% in più della media dei Paesi Ocse, pari a 22 giornate». Oggi, ha spiegato il numero uno di Confcommercio, «nel nostro Paese c’è bisogno di una buona burocrazia che consenta ai nostri imprenditori di lavorare con poche regole chiare e certe».

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