«Ho amato tanto Berlusconi e avrei fatto tutto per lui, per me è stato prima un fidanzato e poi un padre, ho dichiarato di aver fatto i “bunga bunga” ma tutti sanno che non era vero». Al processo “escort”, al tribunale penale di Bari, è il giorno di Sabina Beganovic, meglio nota come Began, imputata con altre sei persone, tra cui l'imprenditore Gianpaolo Tarantini, per i reati di reclutamento, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Tutti reati che secondo l'accusa si sarebbero consumati in occasione di feste organizzate nelle sue residenze dall'ex premier Silvio Berlusconi.
Began in lacrime: «Mi pento e chiedo perdono a Dio»
Nella sua deposizione spontanea in Aula Sabina Began, l'”ape regina” delle feste finite nel mirino degli inquirenti si è detta pentita e, con voce rotta dal pianto, ha ricordato come, all'epoca dei fatti, non avesse alcun bisogno «di far prostituire ragazze per guadagnare», ma di aver comunque «organizzato tante cene» per compiacere Berlusconi, cose di cui «oggi mi pento e chiedo perdono a Dio». Began ha poi spiegato che il suo compito, nelle occasioni conviviali con Berlusconi, «era portare ragazze per rendere felice il presidente: «Era un teatro, un gioco, tutto doveva essere perfetto. Non ero contenta - ha detto - delle ragazze che aveva portato Tarantini e mi scuso per aver usato in quella circostanza parole dure contro di loro perché non erano eleganti».
Le arringhe dei legali di Began e Verdoscia
Il difensore della donna, Fabrizio Siggia, nella sua arringa ha invece parlato di «vuoto probatorio e impossibilità processualmente concreta di raggiungere la prova per sostenere una sentenza di condanna». «Began aveva un rapporto intimo con Silvio Berlusconi - ha detto il legale, che per la sua ssistita chiede l’assoluzione - che le consentiva di avere libero accesso alle residenze dell'allora presidente del Consiglio. Voleva che lui si divertisse, che passasse serate piacevoli, e per questo invitava ragazze che ”stessero al gioco”, che fossero carine, simpatiche e disposte a compiacerlo, disposte a ridere alle barzellette di Berlusconi anche quando non le capivano». Nino Ghiro, difensore di Massimiliano Verdoscia, altro imputato del processo, ha invece messo in evidenza la mancata inclusione tra gli accusati di Patrizia D'Addario. «Fu Patrizia D'Addario (parte civile nel processo e che ha avanzato richiesta di risarcimento danni per un milione di euro, ndr) - ha spiegato Ghiro - a contattare Barbara Montereale per partecipare ad una serata a Palazzo Grazioli, mentre Verdoscia fornì a Tarantini solo qualche numero di telefono e i contatti di alcune ragazze che aveva trovato su internet».
La difesa di Tarantini: processo basato su suggestioni e pregiudizi
«Chi, anche in questa aula, avrebbe rifiutato un invito a cena a casa di Berlusconi? Invito a cena che non equivale ad un'orgia, come in questo processo si è voluto intendere, alimentando ipocrisia e malizia. Dobbiamo abbandonare la suggestione “peccato uguale reato”». A lanciare la sfida, nella prima parte della sua arringa, è stato l'avvocato Nicola Quaranta, difensore di Gianpaolo Tarantini, altro imputato di peso dela processo in corso a Bari. «Questo processo - ha detto il penalista - è basato su suggestioni e pregiudizi, legati fondamentalmente a due parole: Berlusconi e sesso». Prima della discussione difensiva, Tarantini ha reso dichiarazioni spontanee per precisare alcune dichiarazioni rese con riferimento ad una serata, sull'importo pagato a due ragazze «per partecipare alla cena, non perché si prostituissero col presidente” ha detto l'imputato. Conclusa l'arringa il pm Eugenia Pontassuglia ha chiesto di replicare e il processo è stato rinviato a venerdì 13 novembre per repliche e sentenza.
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