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L'Ocse alza le stime sul Pil italiano: +0,8% nel 2015,…

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la partita con l’europa

L'Ocse alza le stime sul Pil italiano: +0,8% nel 2015, +1,4% nel 2016-2017

Grazie soprattutto al processo di riforme ormai ben avviato, «la crescita in Italia sta gradualmente acquisendo velocità». Lo scrive l’Ocse nel suo outlook semestrale, che per il nostro Paese prevede un aumento del Pil pari allo 0,8% quest’anno e all’1,4% il prossimo, con una revisione al rialzo dello 0,1% in entrambi i casi rispetto alle stime di mid term presentate a settembre. Anche il 2017, secondo gli esperti dell’organizzazione parigina, dovrebbe registrare una crescita dell’1,4 per cento.

«Una buona notizia – ha commentato il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan – che conferma quanto stanno ormai dicendo tutte le organizzazioni internazionali».

L’Ocse sottolinea in particolare i benefici effetti della riforma del mercato del lavoro, «che ha portato a un rilevante aumento dei nuovi contratti a tempo indeterminato e ampliato le reti di sicurezza sociale, rendendo la crescita più inclusiva». Il tasso di occupazione è salito al 56,5% in agosto, un punto in più rispetto a un anno fa, e le prospettive sono decisamente buone, con un incremento dell’1,4% previsto per il 2016 e dell’1% nel 2017. Nel contempo la disoccupazione dovrebbe diminuire, all’11,7% l’anno prossimo e all’11% nel 2017. Con effetti largamente positivi sui consumi e sulla fiducia, contribuendo ad alimentare un circolo virtuoso.

Il rimbalzo degli investimenti potrebbe inoltre essere più forte del previsto qualora il mercato immobiliare dovesse riprendersi più velocemente e si concretizzasse il progetto della bad bank, della società cioè di asset management che dovrebbe incamerare i crediti in sofferenza, «anche se i progressi su questo fronte sono incerti visto che bisogna fare i conti con le regole Ue sugli aiuti di Stato». Le stime sul Pil annualizzato nell’ultimo trimestre dell’anno parlano comunque di un aumento dell’1,6% a fine 2017. E l’organizzazione parigina segnala una minor flessione dei prestiti al settore privato (dal -2% dell’inizio anno al -0,5% di agosto).

L’Ocse prevede anche una riduzione del deficit, che dovrebbe scendere al 2,2% del Pil l’anno prossimo (dopo il 2,6% di quest’anno) e all’1,6% nel 2017. Mentre il debito pubblico, dopo aver toccato nel 2015 il tetto del 134,3%, dovrebbe anch’esso calare al 131,8% nel 2017.

Rischi e problemi ovviamente non mancano. L’Ocse segnala in particolare la necessità di iniziative finalizzate a ridurre il gender gap, incoraggiando il lavoro femminile, e l’impatto che la crisi di alcuni Paesi emergenti, soprattutto la Russia, avrà sulle esportazioni (il cui aumento dovrebbe infatti rallentare al 3,3% l’anno prossimo per poi ritrovare un po’ di vigore, con il 4,6%, l’anno successivo).

Decisamente meno positivo è lo scenario generale descritto dall’Ocse, con la recessione di alcuni grandi Paesi emergenti (Brasile, Russia appunto) e il rallentamento della Cina, alle prese con la delicata riorganizzazione del suo modello di sviluppo. La crescita mondiale è quindi stimata al 2,9% quest’anno (-0,1% rispetto a settembre), al 3,3% l’anno prossimo (-0,3%) e al 3,6% nel 2017, al di sotto cioè della crescita media sul lungo termine (4%).

L’Ocse insiste quindi perché i grandi Paesi del G20, a partire dal prossimo vertice in Turchia, diano un nuovo slancio alle riforme strutturali, spinta che si è alquanto indebolita.

Al riguardo il direttore degli studi Paese, Alvaro Pereira, nel commentare l’outlook ha nuovamente citato l’Italia, «che ha fatto molto e rappresenta una lezione da imparare». Oltre a quella del mercato del lavoro, Pereira ha ricordato la riforma costituzionale, «che garantendo una maggiore stabilità rende più facile e più rapido il processo delle riforme».

Musica per le orecchie del ministro delle Riforme costituzionali Maria Elena Boschi, all’Ocse per una tavola rotonda nell’ambito del New World Forum. «Se si vuole cambiare qualcosa, se si vuole pensare sul lungo termine – ha commentato la Boschi – bisogna correre il rischio dell’impopolarità, è inevitabile. Ma il sostegno torna quando dimostriamo di essere capaci di farle, le riforme, e di far capire che ci sono motivi per pensare che i nostri giorni migliori, e i risultati migliori, ancora debbono venire».

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