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Aeroporti, addio al corridoio «cittadini Ue»

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Aeroporti, addio al corridoio «cittadini Ue»

  • –Marco Ludovico

«È stata una scelta inevitabile. A maggior ragione dopo l’ultima tragedia di Parigi, decidere in Europa di assumere un atteggiamento difensivo era una strada obbligata». Il prefetto Mario Morcone è capo del dipartimento Libertà civili e immigrazione al ministero dell’Interno. Venerdì scorso da Roma ha seguito passo dopo passo il confronto a Bruxelles dei ministri del Consiglio Gai (giustizia e affari interni), presenti per l’Italia Angelino Alfano e Andrea Orlando. «La Francia lo chiedeva già dopo la strage di Charlie Hebdo, un irrigidimento sui controlli non poteva non esserci».

Le ragioni sono legate allo scenario attuale e si fondano innanzitutto sulla necessità di una prevenzione al massimo livello. «Come intercettare, se possibile, un foreign fighter che intende rientrare in Europa. Del resto i problemi in Francia, molto più gravi di altri stati europei, non sono soltanto quelli di terrorismo. Penso alle tensioni al valico di Ventimiglia o a quelle, di gran lunga più drammatiche, al passo di Calais». Fatto sta che il principio della libera circolazione di Schengen sembra crollare inesorabilmente. «Nei porti e soprattutto negli aeroporti sparirà di fatto il corridoio “cittadini Ue” che consentiva loro al rientro in Europa di attraversare i varchi con la semplice esibizione di un documento».

Il meccanismo da mettere in piedi non sarà semplice né indolore. «Tutti saranno sottoposti a controlli di polizia. Le forze dell’ordine dovranno consultare le banche dati a disposizione. Le file saranno inevitabili e in alcuni casi lunghe, senza dubbio». È, a tutti gli effetti, un irrigidimento dei confini: «La vita dei cittadini cambia in questo senso - ammette Morcone - il clima è pesante e la preoccupazione c’è, a ogni livello di responsabilità istituzionale». Ma il sistema di pubblica sicurezza ha tutti gli strumenti adeguati a fronteggiare la situazione in atto? «In questo momento c’è un impegno allo spasimo di tutti. Le strumentazioni di polizia disponibili sono moderne e diffuse anche se occorre, senza dubbio, potenziarle e renderle ancora più efficienti».

Ogni settimana, del resto, il capo delle Libertà civili si confronta più volte con il numero uno del dipartimento Ps, Alessandro Pansa, e con il ministro Alfano. Strumenti per maggiori controlli implicano costi e risorse maggiori, però. «È la grande occasione annunciata dal premier Matteo Renzi: contro il terrorismo e la paura, più risorse per la sicurezza - ricorda il prefetto - un’occasione strategica che non va sprecata. La politica, com’è giusto, deve rispondere alle istanze del personale di polizia sotto pressione. Ma non deve distogliere l’attenzione dall’obiettivo prioritario: dotare le nostre forze dell’ordine di ogni mezzo disponibile, far sì che diventino professionisti della sicurezza».

Non è difficile, poi, associare la stretta sulle regole Schengen decisa venerdì a Bruxelles con le polemiche sui controlli degli immigrati entrati in Europa senza essere identificati, primi tra i banchi degli accusati proprio paesi come l’Italia. «Respingo intanto l’equazione immigrazione-terrorismo, ignobile e strumentale. Sono in contatto continuo con le comunità islamiche e non ho mai avuto la percezione di atteggiamenti che anche solo minimamente potessero sfiorare una coincidenza con i segnali di bestialità visti a Parigi. Poi sulle procedure di ingresso va sottolineato un fatto: dall’inizio dell’anno l’Italia ha controllato e identificato con procedure Eurodac il 77% dei migranti giunti sulle nostre coste. Dubito che la Germania o il Belgio possano vantare la stessa percentuale».

Tra le preoccupazioni di Morcone, semmai, ce n’è un’altra. «Tutti devono sapere che chi alimenta l’islamofobia spinge all’isolamento e all’emarginazione persone che avrebbero le condizioni per potersi integrare in Italia. Ricordo che oggi abbiamo un sistema che accoglie oltre 100mila persone di ogni etnia, mai era successo prima». Ma la comunità musulmana è sufficientemente integrata? «Il livello è buono ma è chiaro che si possono fare miglioramenti significativi. Mi chiedo però a questo punto se non sia così sbagliato fare una guerra, come quelle a cui assisto, ogni volta che sorge la proposta di edificare una nuova moschea. Oltre a evitare riunioni religiose nei garage, sotterranei e altri luoghi precari e provvisori, proprio per ragioni di garanzia e di pubblica sicurezza è di gran lunga meglio che la comunità musulmana si riunisca in preghiera in un edificio alla luce del sole. Aggiungo che sulla Moschea di Roma non ho mai avuto segnali negativi. E la manifestazione di oggi delle comunità musulmane contro il terrorismo ha un significato strategico e prezioso(ieri per chi legge, n.d.r.)». Al contrario, sostiene il prefetto, «è proprio un certo clima di odio e di repulsione che porta le persone fragili ai margini sociali fino a diventare condizione per un processo di radicalizzazione. L’isolamento è l’esatto contrario quello che è necessario e giusto fare in questo momento. Anche perché quale può essere la reazione di una persona contro l’ostracismo sociale se non un rancore che può avere conseguenze imprevedibili? La realtà è che oggi si vede troppa isteria, persino nei titoli di certi giornali, solo in parte comprensibile. E che spesso dietro la degenerazione delle legittime emozioni, come l’ansia e la paura, c’è malafede bella e buona».

Cambiano, insomma, le priorità nell’agenda del dipartimento Libertà civili? «No, non cambiano affatto. Immaginare che tra i rifugiati ci siano dei terroristi è semplicemente una sciocchezza, per non dire altro. Del resto un’illazione come quella non è il primo tentativo del genere: hanno provato a dire che i migranti esportavano le più invadenti e pericolose malattie, dalla meningite alla scabbia per non parlare di chi ha evocato l’Ebola. Adesso tutto è rientrato. Sciocchezze, appunto».

Ma i timori nella popolazione ci sono, al di là di quelli dei governi. «Come ha detto il ministro Alfano, il rischio zero non esiste. Alla vigilia del Giubileo della Misericordia, tuttavia, sono ancora di più convinto che sia indegno e riduttivo considerarlo un rischio. Il rischio c’è, nessuno lo discute, ma è di gran lunga superato dal valore straordinario dell’occasione di dialogo e di apertura tra le religioni. Non vanno dimenticate le parole emblematiche di papa Francesco: “Le porte sono fatte per custodire, non per respingere”».

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