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Piano salvabanche, il Cdm aspetta l’ok di Bruxelles e Francoforte

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GIORNATA CRUCIALE

Piano salvabanche, il Cdm aspetta l’ok di Bruxelles e Francoforte

ROMA - Il consiglio dei ministri è convocato per le cinque del pomeriggio con il compito di esaminare e approvare , attraverso un decreto, l’attivazione del neonato Fondo di risoluzione e, soprattutto, la procedura di risoluzione vale a dire la ristrutturazione di quattro banche in crisi(Banca Marche, Carife, Popolare dell’Etruria e Carichieti) evitando l’interruzione dei servizi essenziali alla clientela.

Al Fondo di risoluzione, in base alla nuova normativa europea appena recepita, è chiamato a contribuire l’intero sistema creditizio italiano (la prima rata annuale, relativa al 2015 secondo quanto si è appreso nei giorni scorsi, dovrebbe superare i 500 milioni).

Ma i pivot dell’operazione di salvataggio sarebbero tre grandi istituti di credito (Intesa, Unicredit e Ubi) i quali anticiperebbero gli altri fondi necessari attraverso un finanziamento-ponte, in attesa che l’onere venga ripianato nel tempo con la cessione di asset al mercato. Non si sa ancora con certezza a quanto ammonta l’importo complessivo del costo che le banche private saranno chiamate a sopportare (e che, ovviamente, corrisponde al perimetro esatto delle perdite accumulate nel tempo dalle quattro banche). Per comprendere l’ordine di grandezza dell’operazione, peraltro, basta ricordare che nei giorni passati il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, aveva fatto sapere che, attraverso il Fondo interbancario di garanzia, le banche italiane erano pronte a destinare risorse ampie per il salvataggio, per circa 2 miliardi. Ma da Bruxelles è arrivato un atteggiamento di chiusura nei confronti dell’uso del Fondo interbancario di tutela dei depositi a questo scopo, perché la Commissione ha fatto sapere alle autorità italiane che lo avrebbe considerato come un aiuto di stato (cosa che, in base alle nuove regole europee, per essere autorizzata richiede che prima si passi per la partecipazione alle perdite di azionisti, detentori di obbligazioni e grandi depositanti).

Si è scelta dunque un’altra strada, che consentirà di tutelare al meglio i risparmiatori e i correntisti( anche perchè in Italia le disposizioni sul cosiddetto salvataggio interno, il bail in, entrano in vigore il primo gennaio prossimo). E si utilizzerà il neonato Fondo di risoluzione, “battezzando” quattro nuove newco (o banche- ponte ) e creando 4 bad bank per segregare i crediti deteriorati, che poi verranno ceduti al mercato.

Non vi sarà alcun esborso di denaro pubblico; semmai, potrebbe essere attutito il carico dell’assorbimento delle perdite attraverso specifiche disposizioni tributarie.

L’intera procedura,che ha per sua natura tempi di perfezionamento brevissimi, richiede però come passaggio iniziale il disco verde della Commissione europea. Al ministero dell’Economia è infatti attesa la risposta di Bruxelles per il primo pomeriggio. Successivamente è chiamato a pronuciarsi il consiglio dei ministri. Last, but not the least, è atteso il parere della Banca centrale europea, relativo alla costituzione delle nuove banche- ponte ( l’ok di Francoforte è comunque necessario nel caso dell’apertura di nuove aziende di credito, di qualunque dimensione esse siano). La regia dell’intera operazione, come si sa, è affidata alla Banca d’Italia, su autorizzazione del Mef, perchè la legge le assegna il ruolo di autorità di risoluzione nazionale.

Ciò implica che, decaduti i commissari delle quattro banche in crisi, da domani, quando si riapriranno le filiali e riprenderà l’attività, la gestione sarà a cura di commissari speciali che, secondo quanto dispone la legge pubblicata in gazzetta ufficiale lunedì scorso «assumono i poteri degli azionisti, dei titolari di altre partecipazioni e dell'organo di amministrazione di quest'ultimo, promuovono e adottano le misure necessarie per conseguire gli obiettivi della risoluzione, secondo quanto disposto dalla Banca d'Italia e previa sua autorizzazione».

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