Italia

Intervento in Siria? Alfano: prima di cominciare serve un piano per il…

  • Abbonati
  • Accedi
sicurezza

Intervento in Siria? Alfano: prima di cominciare serve un piano per il dopo

L'Italia si unirà alla coalizione internazionale per un intervento in Siria? «Abbiamo ancora quelle cicatrici aperte: vogliamo sapere se la Siria diventa una Libia bis oppure se c'è un quadro, un piano chiaro per il dopo, prima di cominciare». Così il ministro degli Interni Angelino Alfano ha replicato a chi gli chiedeva se l'Italia si unirà a Francia e Germania.

«L'Italia ha una posizione molto chiara - ha spiegato il titolare del Viminale -, perchè porta ancora le cicatrici della vicenda libica, che è una vicenda incompleta, incompiuta, si è fatta la fase uno cioè mandare a casa, anzi al camposanto, Gheddafi, poi non si è fatta la fase due di ricostruzione. Noi abbiamo pagato il conto dell'immigrazione perchè tutti gli sbarchi vengono per oltre il 90% dalla Libia. Abbiamo ancora quelle cicatrici aperte, vogliamo sapere se la Siria diventa una Libia bis oppure se c'è un quadro, un piano chiaro per il dopo».

Il ministro degli Interni intervenuto all'incontro del gruppo speciale Mediterraneo e Medio Oriente dell'assemblea parlamentare della Nato in corso a Firenze ha precisato che «ogni risposta locale alla sfida globale» lanciata dal terrorismo «sarà insufficiente». E se «la sfida è globale, e lo testimoniano gli eventi drammatici dall'inizio di questo secolo e di questo millennio, la risposta non può essere locale e quindi la chiave di svolta è la collaborazione tra i vari paesi» ha aggiunto. Ricordando che per la sicurezza oggi bisogna sacrificare un pezzo di privacy.«Questo è il paradosso del nostro tempo: lottare per la nostra sicurezza significa lottare per la nostra libertà, ma per ottenere la sicurezza dobbiamo forse violare un po' la privacy, che è libertà». Per garantire «un pezzo di libertà si deve sacrificarne un altro. Non c'è soluzione alternativa» ha detto il ministro .

Separare chi prega da chi spara

Fondamentale in questo scenario evitare deliri anti-Islam, separare chi prega da chi spara.«Questi terroristi - ha spiegato Alfano - tengono in ostaggio un Dio, una religione. La storia delle religioni non contempla un Dio che non professi amore. Non esiste un Dio che possa autorizzare questo crimine, questa barbarie. Bisogna separare chi prega da chi spara». L'Islam va tutelato nel suo diritto di fede e «la comunità musulmana presente in Italia ha il pieno diritto di pregare», ha aggiunto il ministro.


Isis molto ambizioso

«Mai nessuna organizzazione terroristica aveva avuto la pretesa di chiamarsi Stato. Sono convinto che le parole abbiano un peso e quindi la stessa evoluzione semantica del nome che ha portato prima a una collocazione sul territorio e poi all'espressione Islamic State sottintende l'ambizione di cancellare i confini stabiliti da secoli e ripristinare i confini del califfato. Neanche Bin Laden aveva avuto la pretesa e l'ambizione di chiamarsi califfo» ha osservato Alfano.
L'Isis, ha aggiunto, «è un'organizzazione che ha ambizioni, soldi e uomini che nessuno ha mai avuto. L'Islamic state ha la pretesa di fare pagare le tasse, ipotizza di battere moneta, i soldi sono il canale che consente allo stato islamico di organizzare il proprio piano criminale». Ma per battere il terrorismo, ha concluso, serve anche «una risposta culturale».

© Riproduzione riservata