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Errori vecchi e nuovi

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Attualità

Errori vecchi e nuovi

Si è consumato il passaggio annunciato dell'azzeramento del vecchio vertice Fs. La rapidità con cui il governo ha indotto il consiglio di amministrazione a dimettersi in blocco conferma che - come avevamo scritto martedì scorso - l'obiettivo di Palazzo Chigi era in prima battuta il ricambio al vertice del gruppo Fs, mentre l'avvio formale della privatizzazione, in assenza di una linea chiara e univoca dentro l'esecutivo, soltanto un paravento strumentale all'avvicendamento. Restiamo dell'idea che si tratti di un percorso sbagliato quando si vuole mettere sul mercato un'azienda, ma bisogna comunque prendere atto della realtà e guardare avanti.

Quello che a questo punto appare necessario per evitare che anche questo secondo inizio ferroviario dell'era renziana deragli malamente è che al nuovo management siano dati al più presto indirizzi chiari sul progetto di privatizzazione che il governo vuole realizzare e da subito una governance del tutto adeguata alla vita di un grande gruppo che combatte ogni giorno su fronti decisivi per l'economia del Paese, dall'imbuto del trasporto passeggeri nelle città all'Alta velocità, dalla logistica per le imprese all'infrastrutturazione dei territori. Senza tralasciare questioni mirate, ma decisive, come lo sviluppo del Sud, una maggiore efficienza dell'economia dei servizi di pubblica utilità, la riorganizzazione (in chiave intermodale) della mobilità nei nostri centri urbani. Su quest'ultimo punto, per altro, va dato atto a Matteo Renzi, ex sindaco di Firenze, e all'amministratore delegato di Fs in pectore, Renato Mazzoncini, di aver conseguito un risultato di avanguardia in Italia con la “privatizzazione” dell'Ataf di Firenze affidata alle Fs e a Busitalia (regista Mauro Moretti). C'è da augurarsi che la scelta di Mazzoncini alla guida delle Fs attenga anzitutto alla volontà di passare dalle parole ai fatti con la cura davvero innovativa dell'intermodalità ferro-gomma nelle nostre città e di una mobilità che sfrutti al meglio le uove tecnologie. Anche perché da lì, dalle città - intese come nodo irrisolto del trasporto pendolari e come valorizzazione degli spazi urbani posseduti da Fs - dovrà necessariamente ripartire la gestione dell'era Mazzoncini. La ferrovia dell'era “morettiana”, che ieri si è chiusa definitivamente, su questo punto non aveva convinto. Soprattutto i pendolari.

Il punto-chiave resta, però, per il governo quello degli indirizzi sulla privatizzazione, dando per scontato che il governo non ripeta l'errore clamoroso della governance duale sperimentata con la coppia Messori-Elia (e magari dia una sforbiciata consistente a un pletorico consiglio di amministrazione di nove membri, ormai indedito nelle aziende pubbliche). La partita della privatizzazione di Fs riparte da una sola certezza: la rete resterà pubblica. Ancora da sciogliere, invece, il nodo del modello di trasporto ferroviario che il governo vuole: quanto, in particolare, si vorrà tutelare la concorrenza e l'apertura a nuove imprese private, garantendo una neutralità sostanziale del gestore della rete Rfi. Se si sceglierà la via della concorrenza il gruppo Fs destinato alla Borsa dovrà competere in uno scenario aperto, migliorando il livello dei servizi, soprattutto nelle città.

In sostanza, bisogna decidere il modello di esercizio, più o meno aperto alla concorrenza, che si vuole. È inutile continuare a giocare la partita formalistica - come hanno fatto finora le Fs - della indipendenza di Rfi: il nodo è quello dell'assetto proprietario della rete e del collocamento del gestore. Se si vuole andare nel senso della concorrenza, la rete deve restare pubblica e il gestore deve essere il più possibile indipendente e “neutro” rispetto al gruppo Fs che deve diventare una holding di trasporto. Altrimenti si resta in un limbo che non favorisce la crescita. La contabilità regolatoria e l'indipendenza formale non bastano per garantire questa par condicio, come dimostra la fatica enorme - a base di sanzioni minacciate e ammonimenti ripetuti - che sta facendo l'Autorità per la regolazione nei trasporti a imporre comportamenti coerenti con il carattere di indipendenza a Rfi quando è chiamata a garantire l'accesso a tutti gli operatori di trasporto.

Se si vuole un modello aperto a nuove imprese di trasporto, a nuovi capitali, quello che Antitrust e Autorità di trasporti indicano come ottimale, il progetto del 40% in Borsa del moloch ferroviario dovrà essere rivisto per dare spazio a un disegno più articolato che punti a privatizzare segmenti di Fs via via resi efficienti. Delrio parla di «campioni nazionali»: si possono avere campioni nazionali nei servizi di trasporti, se migliorano i servizi, accettano la concorrenza come leva per crescere e investono nell'acquisto di nuovi treni. Senza la concorrenza, in fondo, l'Alta velocità non sarebbe stata quella splendida metropolitana Roma-Milano che passa ogni quarto d'ora.

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