Italia

Procura Ue: Orlando punta i piedi

  • Abbonati
  • Accedi
la lotta al TERRORISmo

Procura Ue: Orlando punta i piedi

Il ministro della Giustizia Andrea Orlando
Il ministro della Giustizia Andrea Orlando

Gli inglesi lo chiamano smuggling. E così è conosciuto anche in ambito europeo, sebbene possa sembrare riduttivo definire “contrabbando” il “traffico di migranti”, tanto più se è - come ipotizzano gli investigatori - uno dei canali di finanziamento del terrorismo targato Isis.

Ma il problema non è tanto il nome, quanto la mancanza di omogeneità e adeguatezza degli strumenti repressivi oggi esistenti in Europa per contrastare efficacemente questo reato, e consentire così la tracciabilità dei finanziamenti delle cellule terroristiche. È, insomma, un problema di «armonizzazione» delle diverse discipline esistenti nell'Unione europea. È sul tavolo di Bruxelles, ma rischia di essere risolto a tempo scaduto rispetto all'offensiva terroristica in atto. «Occorre un input politico forte da parte del Consiglio europeo, che allo stato, però, sembra mancare», osserva Ignazio Juan Patrone, sostituto Procuratore generale presso la Cassazione nonché, dal 2012, componente del gruppo di esperti indipendenti per le politiche penali della Commissione europea. In questa veste Patrone partecipa ai tavoli sulla legislazione in preparazione, compreso quello sulla Procura europea antifrodi, altra spina nel fianco di un'Europa che predica la cooperazione giudiziaria ma – come ha affermato il ministro della Giustizia Andrea Orlando – poi razzola nelle diffidenze e gelosie nazionali. A cominciare, purtroppo, proprio dalla Francia, che con la Germania (e altri Paesi), ha di fatto indebolito i poteri della Procura (tra cui quello di intercettazione), laddove per il guardasigilli «avere un soggetto in grado di indagare sui flussi finanziari con un punto di vista diverso da quello nazionale sarebbe uno strumento straordinario» (si veda Il Sole 24 ore del 10 ottobre e del 27 novembre).

Venerdì, con una missiva alla Rappresentanza italiana a Bruxelles, che partecipa ai tavoli tecnici, Orlando ha ribadito il no a soluzioni al ribasso, anticipando che, se non si faranno passi in avanti, l'Italia ritirerà il suo appoggio alla Procura Ue, diventata ormai un «soggetto ornamentale». In mancanza di una precisa volontà politica comune, il ministro sosterrà infatti questa posizione giovedì prossimo, nel Consiglio dei ministri della Giustizia e Affari interni, che si preannuncia decisivo per alcune scelte strategiche.
Se sul piano dell'intelligence e della polizia l'Europa sembra disposta a un minimo di cooperazione, e a realizzarla in tempi adeguati alla minaccia terroristica, sul fronte giudiziario, invece, prevalgono le resistenze a cedere pezzi delle rispettive sovranità nazionali. Peraltro, anche quando la strada sembra in discesa, i tempi di approvazione sono tali da vanificare l'efficacia della risposta.

Valga per tutti l'esempio, appunto, dello smuggling, fermo a una direttiva e a una decisione quadro del 2002, ormai obsolete, sulla repressione del favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegale. «Da allora il fenomeno è profondamente cambiato, nelle dimensioni e nelle modalità di trasporto, a volte “di massa”, dei migranti», osserva Patrone, ricordando, tra l'altro, che, anche nel vertice sul terrorismo di giovedì scorso, sia il Procuratore antiterrorismo Franco Roberti sia il Procuratore generale di Roma Giovanni Salvi hanno segnalato la necessità di implementare gli strumenti di contrasto al commercio di migranti gestito da gruppi criminali che potrebbero essere tra i finanziatori dei terroristi.

Si tratta, in sostanza, di armonizzare sia la fattispecie di reato sia l'apparato punitivo, e ciò anche per non creare intoppi nell'utilizzazione delle prove raccolte: proprio a causa della diverse modalità di raccolta, infatti, quelle prove possono essere vanificate davanti ai Tribunali dei diversi Paesi, vanificando così la risposta giudiziaria. «La cooperazione giudiziaria è più facile per crimini omogenei e con discipline comparabili fra tutti i Paesi», spiega sempre Patrone, che considera questa materia particolarmente delicata proprio in relazione alla raccolta delle prove. «Il Governo italiano è consapevole della necessità di aggiornare gli strumenti esistenti sullo smuggling ed è impegnato anche su questo fronte. Ma l'Europa – osserva - si sta muovendo con una lentezza infinita perché nel 2016 dovrebbe essere, sì, presentata una proposta della Commissione per la revisione e il rafforzamento degli strumenti del 2002, ma gli effetti operativi slitterebbero al 2018».

Tempi biblici, insomma. Possibile che non ci siano corsie più veloci? «Dopo l'attentato alle Torri gemelle del 2001 e quelli che seguirono in Europa - ricorda Patrone - l'allora commissario Ue per la Giustizia Antonio Vitorino riuscì a imprimere una speciale accelerazione alle direttive e alle decisioni quadro in materia penale, all'epoca in discussione. Oggi purtroppo manca un input politico forte. Nessuno lo dichiara ma ci si arrocca su osservazioni tecniche (senza peraltro proposte alternative), dietro le quali spesso si nasconde una scarsissima volontà politica rispetto alla necessaria, seppur limitata, cessione di sovranità».

© Riproduzione riservata