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Smart working, i metalmeccanici Cisl aprono

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Smart working, i metalmeccanici Cisl aprono

  • –Giorgio Pogliotti

ROMA

Un contratto che non abbia come unico parametro il riferimento all’orario di lavoro, e che sappia valorizzare il risultato: il messaggio lanciato dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, intervistato dal Sole 24 ore di domenica fa discutere il sindacato, impegnato nella definizione di una proposta di nuovo modello contrattuale (domani c’è una nuova riunione).

Forti resistenze arrivano da Cgil e Uil - che vedono soprattutto minacce per la contrattazione -, ma tra i sindacalisti c’è chi accoglie positivamente le frasi di Poletti, come il leader della Fim-Cisl, Marco Bentivogli: «Bisogna aprire una discussione seria partendo dai dati reali - sostiene -. L’attaccamento di una parte del sindacato alla rigidità della disciplina degli orari non tiene conto che gran parte del mondo del lavoro è cambiato, non solo nei servizi, ma anche nel manifatturiero. L’evoluzione delle tecnologie e dell’organizzazione del lavoro modificano i due elementi caratteristici della produzione fordista, ovvero lo spazio e il tempo. In diverse realtà i lavoratori alcuni giorni al mese possono scegliere di svolgere il proprio lavoro in modo autonomo e remoto, fuori dal proprio ufficio». La fabbrica digitale, prodotto della quarta rivoluzione industriale, «pone delle sfide al sindacato» per Bentivogli che cita l’accordo per Gm Power Train di Torino che coinvolge ingegneri e ricercatori nei test sui propulsori diesel, effettuati con tablet in collegamento da remoto. Vodafone Italia, apripista dello smart working, ha lanciato un progetto pilota nel 2012, che dal 2014 coinvolge oggi oltre 3.500 dipendenti che un giorno alla settimana possono scegliere con maggiore autonomia spazi e strumenti di lavoro, per un totale di circa 50mila giornate l’anno, in linea con una cultura aziendale focalizzata sui risultati e non sulla presenza fisica.

«Le tecnologie digitali stanno trasformando la vita delle persone e i modi di lavorare delle aziende nelle fabbriche avanzate in Italia - aggiunge Bentivogli - alla Fca di Pomigliano da anni è superata la catena di montaggio, si lavora su isole per team dotati di ampi margini di autonomia, in postazioni collocate anche a distanza». Alla Sevel, dove si produce il Ducato, è in funzione un sistema di produzione automatizzato delle scocche chiamato Butterfly che ha le sembianze di una farfalla con 16 robot coordinati. Alla Zf Padova, dove si lavora a sistemi di propulsione per imbarcazioni, è stata introdotta ampia flessibilità nell’orario di entrata e di uscita. «Se la contrattazione non saprà rispondere a queste sfide, rischia di diventare residuale - aggiunge Bentivogli -. Nella manifattura 4.0 la disciplina rigida degli orari può diventare un vincolo per il lavoratore più che un’opportunità. Abbiamo proposto orari a menù, per aprire spazi di conciliazione tra vita e lavoro, e chiediamo che la formazione diventi un diritto soggettivo. Il corollario di un lavoro con più autonomia è nella partecipazione dei lavoratori, intesa in senso ampio, sia alle decisioni che ai risultati aziendali».

In disaccordo con Bentivogli è il numero uno della Uilm, Rocco Palombella: «Si tratta di una fuga in avanti, per la gran parte del lavoro in fabbrica il tema dell’orario di lavoro è molto sentito, abbiamo introdotto meccanismi di flessibilità, ma non si può lasciare più discrezionalità all’impresa». Critiche anche dalla Cgil, che sabato per voce della leader Susanna Camusso, ha contestato Poletti insieme al numero uno della Fiom, Maurizio Landini. «C’è un pezzo di verità quando si parla di esigenza di avere un nesso tra salario e obiettivi - afferma il segretario confederale della Cgil, Franco Martini -. Ma è come sfondare una porta aperta, mi occupo da 15 anni di contrattazione e mai mi è capitato di contrattare salari aggiuntivi che non fossero collegati ad obiettivi di qualità. Per gran parte dei lavoratori non si può superare il nesso tra remunerazione e orario, mi riferisco a chi lavora negli ospedali, nelle ferrovie, nel commercio, nel lavoro domestico». Martini vede due minacce nascoste dietro le dichiarazioni di Poletti: «Il pericolo è che si finisca per aumentare l’orario di lavoro in modo surrettizio - aggiunge - o che si punti al superamento dei minimi contrattuali con il salario minimo legale che produrrebbe un abbassamento generalizzato dei salari, per noi inaccettabile».

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